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Alfano, Cesa e il nuovo partito

La giornata politica di ieri è stata caratterizzata dalla manifestazione indetta da Landini a nome delle “unions”, e dall’atto notarile sottoscritto da Angelino Alfano, segretario del NCD, e da Lorenzo Cesa segretario dell’UDC, in previsione del decollo del nuovo partito nato dalla fusione dei due. A Landini gli auguri di un radioso futuro, perché possa davvero contribuire a recuperare i valori  della sinistra, imperniata sul rispetto e sulla tutela della dignità del lavoro e dei lavoratori.
Ad Alfano e a Cesa, invece, ricordo che non basta una procedura notarile per fondare un partito che aspira ad incarnare le idee del “popolarismo”, pensiero politico solido e originale, che ha contribuito a costruire e a vivificare la democrazia in Italia e in Europa. Ribadisco, ripeto fino alla noia, che il Partito Polare Europeo, espressione marcata di tanti conservatorismi, non ha niente in comune  con l’idea “popolare” sturziana. Il richiamarsi alla visione politica del sacerdote di Caltagirone significa aspirare ad offrire agli elettori non un luogo geografico chiamato Centro, ma una politica fatta di cose concrete: prima di tutte la partecipazione tangibile dei cittadini alla cosa pubblica, e sulla partecipazione riedificare la democrazia del villaggiio globale.  La globalizzazione non può riguardare solo chi è, oggi più di ieri, alla ricerca del profitto secco, per aumentare lo strapotere del capitalismo e di quei pochi che detengono l’ottanta per cento della ricchezza del Pianeta, in essa deve essere di casa anche chi è escluso subdolamente o con violenza. Non può esistere per i più deboli la globalizzazione cattiva, quella che esclude, deve esserci anche quella buona. Giovanni Paolo II ha sempre condannato il capitalismo selvaggio e auspicava una globalizzazione della povertà. L’Europa non  può far finta di niente, o si attrezza in tal senso o è la fine di un sogno. Allora i popolari italiani Alfano e Cesa facciano il cammino al contrario, portino le idee originali del “popolarismo” sturziano nel PPE, affinché ricominci la vera missione dell’Europa: la solidarietà come impegno categorico. La storia è questa. A fondamento del grande e ambizioso ideale di Europa Unita vi era quel sentimento di solidarietà fraterna che solo i cattolici potevano mettere in campo. Alcide De Gasperi, in occasione della nascita del MEC, Mercato Europeo Comune, spiegò con chiarezza la portata di questa scelta:
“Certo, per l’unità europea lo slargamento del mercato comune è un argomento che offre la sua importanza, ma la libera concorrenza che ne sarebbe la conseguenza presenta anch’essa degli aspetti negativi che possono essere ridotti soltanto dalla forza di un sentimento o di una idea capace di stimolare la coscienza e la volontà. Questo sentimento, quest’idea, appartengono al patrimonio culturale e spirituale della civiltà comune. Se con Toynbee io affermo che all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell’apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di’ quella morale unitaria che salda la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo culto ereditato dagli antichi, col suo culto della bellezza affinatosi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria”.
A settant’anni da quei giorni è auspicabile che le forze politiche di scaturigine cattolica e “popolare”, riscoprano la lezione dei padri fondatori, dando nuovo respiro e slancio all’Unione Europea, recuperando quel sentimento di solidarietà da troppi anni smarrito, per cui l’UE, e non solo l’Unione Europea, è diventata un ammasso indistinto di tecnocrazie, di interessi, di particolarismi, di burocrazie. E poi, se il movimento dei cattolici in politica non agisce in tal senso a che serve parlare a suo nome? Ad ogni livello, “la politica è la più alta forma di carità”.

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