Limitazione delle libertà personali o garanzia di maggiore sicurezza per i cittadini? È su questo dubbio che si è arenato, per ora, un emendamento al decreto anti terrorismo prima voluto e poi stralciato dal governo. L’emendamentp consentiva alla polizia – non solo in chiave anti terroristica – di utilizzare programmi per acquisire “da remoto” le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e l’intercettazione preventiva sulle reti informatiche.
Una possibilità criticata da Stefano Quintarelli, esperto di nuove tecnologie e presidente del Comitato di indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale. In una conversazione con Formiche.net, il deputato di Scelta civica – che ha presentato a sua volta un emendamento per ridurre l’utilizzo dei software spia solo per questioni di terrorismo, ma al momento è stato accantonato – spiega perché il passo indietro dell’esecutivo Renzi è una scelta giusta e suggerisce quello che serve per confezionare una legge migliore.
Onorevole, l’emendamento che lei contestava è stato stralciato. Perché?
C’è stata una lunga discussione a margine di una riunione di commissione. Sono emerse due ipotesi. La prima era di restringere gli ambiti di applicazione della norma immediatamente, l’altro era di rimandare ciò alla discussione degli aspetti relativi alle intercettazioni – anche se l’emendamento riguarda questi aspetti – quindi tra un paio di settimane.
Ritiene positivo il passo indietro del governo?
Certamente. Credo che le metodologie di indagine di cui si discute non siano sempre da vietare, ma il loro utilizzo deve esser regolato in modo se possibile ancora più stringente di quello delle intercettazioni: pena la violazione di principi costituzionali oggi più che mai fondamentali. Ecco perché vale la pena perdere qualche settimana in più, ma confezionare una legge migliore.
Perché il provvedimento non la convinceva?
S’introduceva per la prima volta la possibilità di spiare dentro il computer di ogni singolo cittadino sospettato di tutti i reati per cui è prevista l’intercettazione e non solo di quelli di matrice terroristica. L’Italia sarebbe diventato forse il solo Paese europeo a rendere esplicitamente ed in via generalizzata legali e autorizzate le “remote computer searches“ e l’utilizzo di captatori occulti da parte dello Stato, ovvero trojan, keylogger, sniffer, eccetera.
Anche il Garante della Privacy, Antonello Soro (Pd), ha criticato la norma.
L’uso di questi strumenti è controverso in tutti i Paesi democratici per una ragione tecnica: con quei sistemi compio una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini, poiché quella metodologia è contestualmente una ispezione, una perquisizione, una intercettazione di comunicazioni, una acquisizione occulta di documenti e dati anche personali. Tutte attività compiute in un luogo, i sistemi informatici privati, che equivalgono al domicilio. E tutte quelle attività vengono fatte al di fuori delle regole e dei limiti dettate per ognuna di esse dal Codice di Procedura Penale.
Ma se questo consentisse di sventare reati?
Si può trovare un equilibrio migliore tra sicurezza e privacy. Mia figlia, che oggi ha dieci anni e utilizza già l’email, tra altri due lustri avrà gran parte della sua vita in Rete. Bisogna tutelare anche questo genere di fattispecie. In fondo ci riguarda tutti.