Concludendo nei giorni scorsi il convegno all’Università di Bari sul volume L’economia reale nel Mezzogiorno, curato per la Fondazione Edison dai professori Quadrio Curzio e Marco Fortis, il sottosegretario Graziano Delrio ha affermato fra l’altro che nell’anno in corso il pil del Sud potrebbe crescere più del Nord, raggiungendo anche il 2%, a fronte di un +0,8% stimato al momento per il Paese.
E ha motivato tale affermazione riferendosi ai fondi comunitari 2007-2013 ancora da spendere e al nuovo ciclo di programmazione di risorse UE che sta partendo. Ma ha fatto riferimento anche allo Sblocca Italia e ai forti segnali di crescita che giungono da diversi settori industriali i cui impianti maggiori sono localizzati proprio nel Sud, come ad esempio i 2 siti della Fiat Chrysler a Pomigliano e Melfi e quello della Sevel (Fiat-Peugeot) in Val di Sangro in Abruzzo. Ma anche altri comparti stanno ritrovando slancio trainati in prevalenza dalle esportazioni come l’agroalimentare, l’abbigliamento, la chimica fine e la meccanica pesante. Certo, da pochi giorni è in via di spegnimento l’Afo 5 all’Ilva di Taranto per essere adeguato alla nuova Aia, e questo inciderà sulla produzione complessiva del Siderurgico ionico al momento in marcia con i soli altiforni 2 e 4.
Contemporaneamente però stanno partendo grandi lavori di ambientalizzazione nello stabilimento con l’impiego di centinaia di milioni di euro che alimenteranno il lavoro di piccole e medie imprese di impiantistica e subfornitura.
Proseguono inoltre in Basilicata gli investimenti di Eni e Total sui campi petroliferi della val d’Agri e dell’alta valle del Sauro, mentre si accelerano le procedure per sbloccare i progetti Tempa Rossa a Taranto e Tap nel Salento.
Insomma, se da un lato l’esecutivo sta accelerando investimenti rallentati o fermi da tempo, dall’altro dovranno essere le forze imprenditoriali del Mezzogiorno ad utilizzare tutte le provvidenze previste dal governo e approvate dal Parlamento per favorire crescita e occupazione. Larga parte delle imprese meridionali – come è emerso anche nel convegno in Ateneo – hanno capacità di esportazioni di gran lunga superiori a quelle sinora manifestate e sta alla loro intraprendenza e determinazione toccare livelli più elevati.
Non sono più ammessi alibi al riguardo: possiamo lasciarci alle spalle gli anni più bui della recessione solo con uno scatto di reni che coinvolga in profondità i tessuti imprenditoriali locali, superando vecchie abitudini, pigrizie operative, tradizioni di lavoro che, se continuate per inerzia, rischiano ormai di rallentare sino alla stagnazione l’attività di imprese che, invece, hanno bisogno di esprimere tutto il loro potenziale. Del resto non abbiamo già esempi di Pmi del Sud che proprio nell’ultimo quinquennio hanno compiuto passi da gigante?