Giovedì 19 marzo a Roma, alle ore 9.30, presso il Centro Congressi di via Cavour, verrà presentato il libro “Aspettando la crescita. Scritti meccanici per lo sviluppo” di Antonello Di Mario (Tullio Pironti Editore).
Ne discutono, presente l’autore, Carmelo Barbagallo (Uil), Rocco Palombella (Uilm), Marco Bentivogli (Fim Cisl) e Maurizio Landini (Fiom). Pubblichiamo un estratto dal capitolo conclusivo.
Un paio d’atti, uno uguale all’altro col medesimo finale: Godot non verrà più stasera, ma certamente domani. E il sipario cala sui due mendicanti che, immobili, attendono ancora.
L’attesa della crescita può essere paragonata a quella che i due protagonisti, Vladimiro ed Estragone, provano nel testo teatrale di Samuel Beckett, Aspettando Godot, una riuscitissima commedia messa in scena per la prima volta nel 1952 a Parigi. L’opera in questione si svolge in un tempo congelato e quel Godot, da cui i due mendicanti sperano in una vaga sistemazione, non arriva mai.
Come Godot, anche la crescita viene evocata dalle Istituzioni, dal Governo, dai cosiddetti “corpi intermedi” (tra cui ci sono, tra gli altri, i partiti, i sindacati, gli industriali), ma alla fine non arriva mai, come se il tempo si fosse fermato. La realtà è che il tempo attuale si caratterizza con cambiamenti improvvisi e repentini, riducendo spesso gli attori coinvolti a rincorrere le mutazioni determinate.
Tra questi attori, il sindacato viene ultimamente rappresentato, non da solo, come un soggetto intermedio di rappresentanza, di cui si potrebbe anche fare a meno nella rincorsa a un tempo migliore. Insomma, la dicotomia tra tempo immobile e tempo veloce è tutta caratterizzata dalla percezione di una ripresa che non c’è e dall’anelito a creare le condizioni affinché possa esserci. Se questo è il contesto, allora, è necessario che anche il sindacato, di stampo europeo e moderno, sappia indicare in modo preciso una o più proposte che sappiano guardare allo sviluppo e alla ripresa del Paese.
Si tratta di una scelta che il sindacato italiano, di matrice riformista, ha sempre portato avanti in ogni epoca, ma soprattutto nelle fasi di crisi economica. Molti analisti descrivono quella attuale come una fase di passaggio epocale per la storia nazionale. Chi scrive condivide questo giudizio al punto da ripetere costantemente che il sindacato riformista ha la necessità di condividere e attuare un vero e proprio laburismo delle opportunità.
Mai come ora è giusto tutelare l’aspetto contrattualistico, ma è altrettanto importante formulare indicazioni utili a riavviare domanda interna e consumi; emancipare il lavoro, innalzando i livelli occupazionali; favorire la produzione attraverso investimenti infrastrutturali. L’urgenza di ampliare questo raggio d’azione è indispensabile per la tutela e il soddisfacimento dei diritti rispetto alla necessità di ripresa economica.
Il contratto, in una determinata fase economica, può essere momento di sviluppo e generare nuovo sviluppo; ma investimenti, ricerca, innovazione possono liberare le potenzialità concrete di questo necessario sviluppo. Quindi, un sindacato riformista ha il bisogno fisiologico di un continuo confronto con la realtà in territori più vasti, oltre lo stesso luogo di lavoro, affinché si determini un analogo adattamento delle strategie.
Insomma, è utile aprire porte e finestre per far entrare l’aria della vita che gira intorno, perché in questo modo il riconoscimento dei diritti correlati rimane legato al momento storico in cui gli stessi vengono riconosciuti, legittimati, organizzati e tutelati.
È indispensabile, quindi, per coniugare uno storico riformismo con un moderno laburismo delle opportunità, compiere un’operazione di verità su quel che gira intorno.