Ancora una volta il legislatore sta ricombinando un pasticcio per il reato di falso in bilancio.
Da quanto trapela risulterebbe l’intenzione del legislatore di togliere le soglie di rilevanza penale relative alla determinazione del patrimonio sociale e del reddito.
Le soglie di rilevanza penale, introdotte con la riforma del reato di falso in bilancio nel 2001, costituivano l’unica novità intelligente di quella infelice riforma.
La presenza delle soglie di rilevanza penale consentono, in una materia come quella del falso in bilancio, che è dominata dalle valutazioni delle poste che caratterizzano il bilancio, di introdurre un limite alla punibilità nel caso di facili errori cui l’imprenditore può incorrere nella valutazione delle poste di bilancio, relative al patrimonio ed al reddito.
Si tratta di una salvaguardia dovuta al buon senso, finalizzata ad evitare indiscriminate responsabilità in quei casi in cui la rappresentazione non fedele del bilancio, dovuta ad errori nella valutazione delle poste, non incida minimamente sulla corretta rappresentazione della situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società.
L’eliminazione delle soglie per il falso in bilancio si porrebbe in contrasto con l’iniziativa legislativa volta ad introdurre la soglia del 3% per i reati tributari.
Non sarebbe facile spiegare il perché si introduca una nuova soglia per i reati tributari e la si elimini per il falso in bilancio, cioè per un reato che ha molte affinità con i reati tributari.
È proprio per l’affinità che passa tra i reati tributari e il reato di falso in bilancio che il legislatore con la riforma sui reati tributari ha previsto all’art. 7 del D.Lgs. 74/2000 la non punibilità delle valutazioni estimative che differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
Sarebbe illogico e contraddittorio eliminare le soglie per il reato di falso in bilancio e mantenere, ed anzi, aggiungere nuove soglie per i reati tributari.
Appare, invece, corretto reintrodurre la perseguibilità d’ufficio per il reato di falso in bilancio che dalla riforma del 2002 non ha più trovato applicazione e l’aumento della pena detentiva.
ANTONIO D’AVIRRO (esercita la professione dell’Avvocatura penale da oltre trenta anni.
Fa parte del comitato di redazione della “Rivista trimestrale di Diritto Penale dell’economia”.
Ha fatto parte della Commissione Nordio per la redazione del Codice Penale)