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Papa Francesco a Napoli, ecco parole e gesti più bergogliani

“Vademecum papale contro l’illegalità a Gomorra”. Lo scrive sulla Stampa di oggi Giacomo Galeazzi, per commentare il viaggio del Papa a Pompei e Napoli. Un sabato intenso, fatto di incontri e discorsi, con l’aggiunta della liquefazione (a metà) del sangue di San Gennaro.

UN MANIFESTO PER LA MISSIONE DELLA CHIESA

Scrive Andrea Riccardi sul Corriere della Sera che “Papa Francesco ha compiuto a Napoli la prima visita a una grande città europea dopo due anni di pontificato. Dalle parole e dai gesti del Papa è emerso quasi un manfiesto per la missione della Chiesa nella società europea e nelle città globali”. In sostanza, afferma lo storico e fondatore di Sant’Egidio, “la Chiesa di Francesco vuole essere centro nelle periferie. E’ una proposta a un mondo ecclesiastico, un po’ incerto sul da farsi in una società secolarizzata che sembra marginalizzare il cristianesimo”. Ed è in queste periferie che spesso le mafie proliferano. Ma “il Papa non ha lanciato anatemi, ma ha predicato la conversione ai criminali e ai loro complici con il linguaggio appassionato della religiosità meridionale”. Un discorso, aggiunge Riccardi, “da pastore e non da tribuno”.

LE FRASI CHE RESTERANNO

Come assai spesso capita da quel marzo del 2013, a rimanere impresse sono le frasi pronunciate da Bergoglio. Ieri il portfolio s’è riempito. La Stampa le mette in fila: “la corruzione spuzza”, “togliere lavoro è corruzione”, “la corruzione è una tentazione, uno scivolare verso affari facili e delinquenza”. Parole che – sottolinea il quotidiano torinese – sono inequivocabili. E ancora, “sfruttare con il lavoro in nero non è umano e non è cristiano e se quello che lo fa si dice cristiano dice una falsità”. Quanto alla reazione nei confronti della Camorra, il Papa ha puntato l’attenzione su chi dalla mafia è corrotto e sfruttato “attraverso il cinico commercio della droga e altri crimini”, e cioè “i giovani, i poveri e i deboli”. Come notava Riccardi, Francesco non ha lanciato un anatema, bensì s’è loro appellato: “Ai criminali e a tutti i loro complici ripeto: convertitevi all’amore alla giustizia, lasciatevi trovare dalla misericordia di Dio che perdona sempre”.

LA CORRUZIONE CHE SPUZZA

Sulla frase riguardo la corruzione che “spuzza”, s’è soffermato Luigi Accattoli: “Quella ’s’ rafforzativa del verbo, che una volta c’era ma che la lingua italiana d’oggi non vuole più, è stata un felice errore che ha aiutato il Papa” a rivolgersi ai corrotti. “Persino l’espressione facciale comunicava un moto di ribrezzo che senza la ’s’ non sarebbe stato così pieno”.

LE PAROLE AI DETENUTI DI POGGIOREALE

Gian Guido Vecchi scrive che le parole più belle sono state riservate ai carcerati incontrati a Poggioreale: ”Il primo santo della Chiesa è il buon ladrone, perché il Signore persona e dimentica”. Ecco perché “è tra le crudeltà più grandi” il fatto che “la società non accolga chi ha pagato”. A questo proposito, tornano utili le parole di Gesù: “Pubblicani e prostitute vi precederanno. Ma la nostra società non lo ha ancora imparato, perciò non è ancora cristiana. Si dice cristiana, ci sono tanti santi e cristiani, ma la società come tale è più pagana che cristiana perché non ha capito questo di Gesù”.

L’ASSALTO DELLE SUORE DI CLAUSURA

C’è stato spazio anche per alcuni momenti divertenti e qualche fuoriprogramma. Come quando il Papa è stato sommerso dalle suore di clausura che – per decisione dell’arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe – avevano avuto il permesso di recarsi in cattedrale per l’incontro con Francesco. “Addo’ jate!”, ha gridato loro un divertito cardinale Sepe quando una dopo l’altra hanno circondato il Pontefice intrattenendolo con misteriosi discorsi e donandogli pure un pacco dono.

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