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Tutti i messaggi in bottiglia di Mattarella per Renzi

D’accordo, tutti lavorano, volenti o nolenti, per Matteo Renzi: forse anche vescovi, cardinali e quant’altri con una secchiata d’acqua gelata, di questi tempi, sull’opposizione praticata da un Silvio Berlusconi appena assolto definitivamente dalle accuse di concussione e prostituzione minorile. I reati non ci sono, ma i peccati restano, hanno avvertito i monsignori. E sono peccati che non meritano, evidentemente, il perdono. Eppure il Papa ha appena annunciato in nome della misericordia un Giubileo straordinario.

D’altronde, anche il Giubileo, dopo l’Expo di Milano, potrà portare acqua a Renzi, i cui consiglieri e collaboratori staranno già facendo i conti del contributo che i fedeli accorsi da tutto il mondo potranno dare anche all’esangue prodotto interno lordo italiano. Si chiama così il pil, vero?

Non è detto tuttavia che tanta fortuna, o insipienza di altri, basterà a proteggere il presidente del Consiglio dagli errori che compie. E che sembrano cominciare a creare serie preoccupazioni anche al Quirinale. Dove già si è provveduto, per ammissione dello stesso Renzi, a suggerire, cioè a reclamare, un uso più prudente dei decreti legge, o solo della minaccia di ricorrervi. Una minaccia fastidiosa, per il Colle, quanto quella delle elezioni anticipate, le cui chiavi sono solo nelle mani del capo dello Stato.

Forse il nuovo presidente della Repubblica, per la cui elezione Renzi si è talmente speso da rompere il famoso patto del Nazareno con Berlusconi su riforme e quant’altro, ha della gratitudine in politica lo stesso giudizio espresso in questi giorni per altri versi dall’ormai vecchio professore e parlamentare liberale Antonio Martino: “La malattia dei cani”.

Del resto, anche volendogli riservare gratitudine, Mattarella non può essere rimasto indifferente davanti all’autentico strafalcione costituzionale costituito dal progetto del presidente del Consiglio, almeno secondo le anticipazioni circolate per qualche giorno senza alcuna smentita, di sancire in una legge ordinaria di riforma della Rai l’elezione dei consiglieri di amministrazione a Camere congiunte, cioè nei modi consentiti dalla Costituzione solo per la scelta dei giudici costituzionali e dei consiglieri superiori della Magistratura di spettanza parlamentare.

Dev’essere risultata stonata alle orecchie del presidente della Repubblica anche l’idea, esposta da Renzi in una intervista, del capo del governo come del “sindaco d’Italia”. Idea non originale, in verità, essendo già stata lanciata addirittura ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica da Mario Segni. Ma, a parte il declassamento del governo a una giunta, e senza volere adottare i richiami sarcastici di autorevoli costituzionalisti alle uniche giunte note a livello governativo nazionale, che sono quelle militari, il sindaco viene eletto direttamente dai cittadini o a maggioranza assoluta o a doppio turno, con il ballottaggio fra i primi due candidati classificatisi al primo turno. Che è cosa del tutto diversa dal sistema elettorale fortemente voluto da Renzi a livello politico e noto come Italicum.

E’ proprio di questa nuova legge elettorale, peraltro, che l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani non vuole più sentir parlare, insieme con tutti i compagni e gli amici della pur variopinta minoranza del partito. E, minacciando ritorsioni contro la già contestata riforma del Senato, lo ha gridato alle agenzie e ai giornali dopo un’udienza al Quirinale annunciata con tanto di comunicato ufficiale. Come a dire, vista la doppia, anti triplice competenza di Mattarella in materia elettorale, prima come relatore dell’omonima legge del 1993, poi come giudice della Corte Costituzionale che ha bocciato la legge del 2005, nota come Porcellum, infine come presidente della Repubblica provvisto del potere di rinvio alle Camere, almeno in prima battuta, di una legge non condivisa: a buon intenditor poche parole.

Appare infine significativa pure la convocazione al Quirinale dei leader sindacali, annunciata dal Corriere della Sera, mentre il governo prepara, fra le solite accelerazioni e frenate, una legge di disciplina anche delle organizzazioni dei lavoratori, e non solo dei partiti. E’ materia a dir poco incandescente per gli interessati.



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