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Il metodo da lupi di Renzi

Incredibile ma vero. Dopo avere praticamente obbligato alle dimissioni un ministro – Maurizio Lupi – non indagato, ma soltanto coinvolto mediaticamente nella vicenda giudiziaria degli appalti delle grandi opere con intercettazioni riguardanti altri, il presidente del Consiglio difende con forza i sottosegretari del suo governo indagati per altri fatti dicendo, testualmente, al giornale La Repubblica: “Ma stiamo scherzando? Ho sempre detto che un avviso di garanzia non può giustificare le dimissioni. E lo confermo”.

Ciò significa, se le parole hanno un senso, che grazie all’uso che Renzi fa del principio della “opportunità politica”, dai confini indefiniti e indefinibili, variabili secondo le persone, le circostanze e le convenienze di partito e quant’altro, o quello che si definisce fantasiosamente “contesto”, la colpa dell’ormai ex ministro Lupi è quella di non essere stato e non essere tuttora indagato in una vicenda giudiziaria che pure il presidente del Consiglio ha adoperato per liberarsene.

Risale solo a qualche giorno fa un monito saggiamente ma inutilmente levatosi, con spirito forse autocritico, quando Lupi era ancora in carica ma già pericolante, da un magistrato e politico di lunga esperienza come Luciano Violante. “Bisogna essere – diceva l’ex presidente della Camera, collega di partito del presidente del Consiglio – prudenti e critici nei confronti delle ondate criminizzalitrici. Sarebbe un fatto di civiltà astenersi dall’utilizzare queste vicende per ragioni di strumentalità politica”. Ciò comporterebbe – avvertiva ancora Violante – un uso immorale della questione morale”. Dichiarazioni rilasciate al Sussidiario.net, rilanciate da ItaliaOggi ed evocate nella parte conclusiva anche su Formiche.net. Dichiarazioni a rileggere le quali più d’uno dovrebbe arrossire di vergogna nei palazzi di una politica che fa semplicemente paura per il suo cinismo ammantato di moralismo, peraltro a corrente alternata.


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