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Inps, ecco i consigli della Voce di Boeri al presidente Boeri

A cosa si deve il disavanzo di circa 7 miliardi di euro dell’Inps? “Sicuramente non alla gestione delle pensioni del settore privato“, si legge su Lavoce.info, il sito fondato dall’attuale presidente dell’Istituto previdenziale, Tito Boeri. E allora? Il buco deriva da una operazione sbagliata, ha scritto l’economista Massimo Antichi. Vediamo quale.

LA CAUSA

Il disavanzo di 6,7 miliardi dell’Inps è emerso con l’approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2015.
“Il pasticcio che induce a valutare la salute dell’Inps come fortemente compromessa è da imputarsi a una erronea operazione quale quella della confluenza dell’Inpdap tra le gestioni amministrate dall’Inps”, si legge su la Voce.info.

La decisione di accorpare nell’Inps l’Inpdap, l’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica, risale al dicembre del 2011 in pieno governo Monti. L’obiettivo dichiarato dal governo fu quello di “realizzare una riduzione dei costi amministrativi di gestione della previdenza pubblica ma, soprattutto, rendere più efficiente ed efficace il servizio pubblico, anche assicurando ai cittadini un unico soggetto interlocutore per i servizi di assistenza e previdenza”.

L’ERRORE

Quale altra scelta si sarebbe potuta compiere? “Invece di far confluire l’Inpdap nell’Inps, in termini di risparmio dei costi amministrativi, sarebbe stato più efficiente tornare alla situazione precedente alla sua istituzione (decreto legislativo n. 479/94), quando la gestione delle pensioni era in capo ai servizi del personale delle amministrazioni statali e locali e la loro erogazione era garantita o attraverso la tesoreria statale, oppure a carico delle gestioni degli enti locali”, ha scritto l’economista della Voce di Boeri.

“Ciò, tra l’altro – ha aggiunto Antichi -, avrebbe impedito di scaricare i costi della spesa per le pensioni del loro personale in quiescenza sulla spalle del bilancio dello Stato, in quanto le risorse per far fronte a tali spese avrebbero dovute ricavarle dai loro bilanci”.

NON SOLO INPDAP

Insieme all’Inpdap, in quella occasione, la fusione portò in “dote” all’Ente previdenziale nazionale anche il bilancio dell’Enpals, l’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo della quale Antichi della Voce.info è stato proprio fino al 2012 direttore generale.
Pur mantenendo il segno positivo, anche le principali risultanze finanziarie ed economiche dell’Ente dello spettacolo registravano nel 2011 valori in netta flessione rispetto a quelli registrati nel 2010, come si può evincere dalla relazione della Corte dei Conti relativa agli esercizi 2010 e 2011.

LA SOLUZIONE

Per Antichi, la soluzione per rimediare all’errore sarebbe anche semplice. La proposta è quella di un intervento “senza effetti di spesa, ma sufficiente a risolvere definitivamente la questione”.
“Si tratta di neutralizzare gli effetti contabili della gestione dei lavoratori pubblici disponendo che l’onere a carico della pubblica amministrazione per il pagamento dei contributi previdenziali sulle loro retribuzioni sia quello che deriva dall’applicazione dell’aliquota di equilibrio (cioè quella che garantisce il pareggio di bilancio) e non di quella legale (33 per cento)”, ha scritto Antichi, già alla direzione generale dell’Enpals.

In cosa consisterebbe? “Si tratta di generalizzare l’istituto della cosiddetta “aliquota aggiuntiva” rispetto a quella ordinaria, come inizialmente previsto con la costituzione dell’Inpdap e posto a carico del bilancio dello Stato per i propri dipendenti, il cui aggiornamento è praticamente disapplicato da molti anni, e di estenderlo anche agli enti locali aggiornando l’aliquota anno per anno. Il conto economico della gestione ex Inpdap sarebbe portato così a pareggio in ogni esercizio. Contemporaneamente, si dovrebbe azzerare, una tantum, il disavanzo patrimoniale della stessa gestione dei dipendenti pubblici che si sarà rideterminato nel periodo decorso dall’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 5, della legge n. 147/2013”, spiega l’economista su Lavoce.info.

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