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Che cosa penso delle prime mosse di Mattarella

Nei giorni scorsi il presidente Sergio Mattarella ha disposto la nomina di Ugo Zampetti – personalità di indubbio valore e di grande esperienza maturata in oltre quindici anni a capo dell’amministrazione della Camera dei deputati e da poco pensionato – a segretario generale della presidenza della Repubblica.

Il dottor Zampetti non percepirà alcuna retribuzione per il nuovo incarico dal momento che, messo di fronte alla necessità di scegliere come prevede la legge, il nuovo segretario generale ha optato per la conservazione dell’assegno pensionistico in godimento, ben più sostanzioso della retribuzione a cui gli avrebbe dato diritto il nuovo incarico e a cui avrebbe dovuto rinunciare in conseguenza delle norme sul divieto di cumulo. La questione dei compensi ha tuttavia messo in ombra un’altra e, a mio avviso, ben più importante questione, attinente alla nomina. Vediamo perché.

Una legge della scorsa estate (articolo 6 del decreto legge n.90/2014), fortemente voluta dal premier Renzi e frutto della “furia giovanilistica” che caratterizza l’operato del suo Governo a vari livelli, vieta alle pubbliche amministrazioni di conferire incarichi retribuiti a pensionati (pubblici o privati) e, in ogni caso, limita gli incarichi gratuiti alla durata massima di un anno. Come spiegato di recente nella circolare interpretativa della ministra Madia, la norma serve a evitare di “attribuire a soggetti in quiescenza rilevanti responsabilità nelle amministrazioni, aggirando di fatto lo stesso istituto della quiescenza e impedendo che gli incarichi di vertice siano occupati da dipendenti più giovani; le nuove disposizioni”, prosegue la circolare, “sono espressive di un indirizzo di politica legislativa volto ad agevolare il ricambio e il ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni”.

Un malinteso senso della peculiarità degli organi costituzionali ha indotto poi il legislatore a prevedere per essi una sorta di moratoria, stabilendo che questi “si adeguano alle nuove disposizioni nell’ambito della propria autonomia”. Sia chiaro: chi scrive ritiene (e ha avuto modo di affermarlo chiaramente fin dalla discussione parlamentare della legge) che una norma di questo tipo sia demagogica, ingiusta ed incostituzionale. Demagogica perché alimenta la convinzione che per far spazio ai giovani, nelle pubbliche amministrazioni, occorra “rottamare” gli anziani. Ingiusta perché penalizza un’intera categoria di cittadini, colpevoli di essere titolari di un assegno pensionistico, senza tenere conto di fattori quali l’età e il reddito (si ricorda che vi sono lavoratori attivi più anziani e con redditi più alti di tanti pensionati). Incostituzionale, perché visibilmente contraria a quanto disposto dall’articolo 3 della Carta.

Il fatto che il Quirinale non abbia tenuto conto di questa norma, fa sperare a chi scrive che essa abbia i giorni contati e che la Consulta possa presto denunciare i profili di illegittimità di una disposizione tanto assurda. Ma per adesso si tratta di una legge in vigore. E’ indubbio che la “moratoria” per gli organi costituzionali impedisca di affermare, allo stato attuale, che la nomina del pensionato Zampetti sia, da un punto di vista formale, illegittima. È altrettanto vero, tuttavia, che la nomina di un pensionato, senza individuazione di un termine per l’incarico (quindi, si presume, che essa valga per l’intero settennato, ossia ben al di là del limite di un anno fissato dalla legge per gli incarichi a titolo gratuito), alla più alta carica amministrativa della Repubblica, contrasta apertamente con le finalità della legge. Così, se l’esempio deve venire dall’alto, pare discutibile che il Quirinale abbia proceduto ad una nomina tanto importante, avvalendosi di una norma rimasta nella “terra di nessuno” di un mancato adeguamento alle nuove disposizioni della legge Madia: una norma non può divenire obsoleta a soli otto mesi dalla sua entrata in vigore.

Sarebbe almeno auspicabile, allora, un ripensamento da parte del Governo che porti ad un’abrogazione esplicita dell’articolo 6, anziché consentirne (è già successo con la nomina di Tiziano Treu all’Inps nel ruolo di commissario straordinario) una disapplicazione ad personam.

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