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Tutte le sfide di Netanyahu su difesa e sicurezza

Il partito Likud del premier Benjamin Netanyahu ha conquistato 30 seggi nella futura Knesset, il parlamento monocamerale di Israele, davanti di 6 scranni all’Unione Sionista di Herzog e Livni, che ne ottiene 24. Ciò consentirà a “Bibi” di tentare la formazione di un nuovo governo di centrodestra, che avrà numerose sfide in settori come la difesa e la sicurezza dello Stato ebraico, temi sui quali l’elettorato ha premiato le posizioni nette del premier uscente.

IL DETERIORAMENTO IN CISGIORDANIA

Chiusa la competizione elettorale, spiega il Jerusalem Post, il vincitore incontrerà quasi immediatamente i capi dell’esercito – l’Idf – e dell’intelligence israeliana, con i quali confrontarsi per decidere le future mosse da compiere. Il primo nodo è il progressivo deterioramento della situazione in Cisgiordania (o West Bank), dove “sono in crescita disordini e attacchi terroristici spontanei e non pianificati e, secondo fonti di sicurezza, sono destinati a crescere ancora in primavera ed estate“. Anche Israele, dunque, deve confrontarsi con quel tipo di terrorismo molecolare che ha sconvolto più volte l’Europa, recentemente a causa della strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo. “Mentre i servizi d’intelligence – rileva il quotidiano – sono stati finora in grado di tenere sotto controllo il terrorismo palestinese, non possono precorrere attacchi imprevisti realizzati da coloro che non sono membri di organizzazioni note, come Hamas” o altre forme di radicalismo islamico. Anche nella striscia di Gaza – ha ricordato in una conversazione con Formiche.net Umberto Minopoli, il primo ministro avrà poche buone opzioni sul tavolo. Hamas, sottolinea il JP, sta conducendo “un ambizioso programma di riarmo di razzi e di ricostruzione di tunnel in vista di un prossimo scontro, che l’esercito israeliano considera” per certi versi “inevitabile“. E al qual si sta preparando.

IL PERICOLO HEZBOLLAH

Ma le minacce in via di sviluppo a Gaza, prosegue il giornale israeliano, sono sminuite da quella posta da Hezbollah nel sud del Libano. “La buona notizia – si legge – è che Hezbollah, il gruppo terrorista più pesantemente armato al mondo, in possesso di un vasto arsenale di razzi, non è interessato a uno scontro con Israele in questo momento. La cattiva è che questo proxy iraniano si sta muovendo dalla sua base principale nel sud del Libano verso la Siria meridionale, dove sta combattendo per conto del regime di Assad, e allo stesso tempo cerca di stabilire un nuovo fronte di jihadisti sciiti contro Israele“. Netanyahu non potrà sottovalutare questa situazione, che rischia di degenerare nei prossimi mesi.

IL DOSSIER IRANIANO

Infine vi è il dossier iraniano. Tel Aviv considera inaccettabili i termini dell’accordo sul programma nucleare di Teheran, che starebbe per essere chiuso dopo un lunghissimo negoziato e che ha visto confrontarsi il gruppo dei cosiddetti 5+1 e i vertici della Repubblica Islamica. Netanyahu l’ha ribadito forte e chiaro alla vigilia delle elezioni, nel contestato discorso al Congresso che ringalluzzito i Repubblicani e raffreddato i rapporti già tesi con la Casa Bianca. Questa sua linea dura, ricorda Reuters, ha pagato nelle urne, e dunque difficilmente muterà. Gli israeliani hanno confermato la volontà di mantenere l’asse del Paese su posizioni di destra e nei prossimi mesi, questa scelta inciderà sicuramente negli equilibri internazionali, soprattutto in Medio Oriente, dove Tel Aviv sta tessendo relazioni di mutuo interesse con Stati come Egitto, Arabia Saudita e Giordania, allo scopo di contenere lo Stato Islamico, ma soprattutto l’Iran, che guadagna posizioni in Libano, Siria e Irak.

IL LEGAME CON GLI USA

Un primo effetto concreto, nel frattempo, la vittoria di Netanyahu lo ha già sortito: obbligare Washington a tenere conto del successo di Bibi. Per alcuni osservatori non poteva essere altrimenti. Il semiologo e filosofo del linguaggio Ugo Volli, sentito da Formiche.net, ha rimarcato come, nonostante le tensioni recenti, i legami tra “la Casa Bianca e Israele rimangano forti a prescindere da chi vada al governo. Ma Obama non potrà fingere che il popolo israeliano non abbia premiato le posizioni del premier uscente su temi come l’Iran o la nascita di uno Stato palestinese alle condizioni odierne“. Una posizione confermata dal New York Times, che sottolinea come il capo di Stato Usa e il suo entourage non sprizzino certo gioia per l’affermazione di Netanyahu, inattesa alla vigilia, ma siano disposti a scendere a compromessi. “È importante per la nostra sicurezza nazionale, sostenere la sicurezza di Israele“, sono state nelle scorse ore le parole più che eloquenti della deputata californiana Nancy Pelosi, uno dei leader democratici più critici nei confronti del discorso di Netanyahu al parlamento americano.

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