Il pronunciamento legislativo dell’Europarlamento a favore del riconoscimento civile delle coppie gay, definite un diritto umano, rappresentano uno dei tanti paradossi etici che si verificano da anni nel cuore politico dell’Occidente.
Non è la prima volta. Non è una novità. Ma non per questo si può fare a meno di riconoscervi un autentico fallimento dell’etica continentale, e un serio e dogmatico arretramento dello spessore di consapevolezza culturale che il Vecchio Continente ha di sé.
Si potrebbero fare molte considerazioni. Tutte, al solito, audacemente fuori dal coro, ma al contempo tutte ragionevolmente valide sul piano filosofico.
Mi fermerò ad una riflessione semplice, breve ed essenziale. Robert Spaemann in materia di antropologia invitava a porsi la domanda: chi è una persona umana?
La risposta, che il mondo greco e quello latino la cultura illuminista buona e quella biologica moderna danno, è: una persona è un individuo della specie umana, un soggetto che esiste, pensa ed è libero. Giusto.
Ma questo soggetto non è incorporeo e non è invisibile. La persona umana è un corpo che ha una forma specifica e sessuata, la quale rende possibile il nostro essere individuale, intelligente e libero.
Ritenere che non vi sia sessualità naturale, vale a dire distinzione soggettiva materiale e formale in maschi e femmine nelle singole persone, è una negazione palese della realtà. E tale elisione, d’altronde, è la sola ed unica premessa indispensabile per autorizzare le nozze gay. Il matrimonio non è infatti un’anarchica e indeterminata relazione sessuale tra persone asessuate, ma l’accettazione da parte di un maschio e una femmina di un impegno sociale pubblico a creare una complementarietà eterosessuale, dalla cui sola unione può generarsi e crescersi una nuova persona viva.
Un maschio, una femmina; e nuovi bambini o maschi o femmine.
Equiparare a matrimonio relazioni personali tra soggetti dello stesso sesso, che non possono procreare per natura, equivale, in definitiva, o a non riconoscere la sessualità personale, oppure a ritenerla insignificante umanamente e pubblicamente.
In ambedue i casi, a Strasburgo il Parlamento ha dato il via libera oggi alla violazione di un presupposto umano fondamentale, di una modalità pubblica di riconoscimento sessuale della paternità e della maternità, e soprattutto ha violato il diritto di un bambino maschio o femmina di avere, almeno come fine di perfezione, l’originaria prerogativa di pretendere dai genitori biologici un dovere di responsabilità pubblica unico e specifico, conforme alla genitorialità biologica oggettiva che essi si assumono.
Le nozze gay, riconosciute come equivalenti alle nozze costituite per natura in modo eterosessuale, come fondamento della genitoriale responsabilità, sono, in fin dei conti, l’eclissi dell’Occidente, una sottrazione sostanziale dei diritti personali degli eventuali bambini adottati e un crepuscolo del nucleo duro del giusnaturalismo su cui si fonda da sempre l’etica universale.
In sostanza, un errore, ispirato ad un materialismo ben congeniato, che lacera e riduce profondamente la dignità e il valore sociale permanente della vita umana. Senza, per altro, aggiungere diritti di libertà sessuale proprio a nessuno. Anzi togliendo loro perfino il principio concreto stesso, vale a dire la differenza sessuale, che li rende possibili.
Benedetto Ippolito
Università degli Studi Roma Tre