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Parte la guerra a tutela delle pensioni Inps

Interesserà a pochi, ma non a chi si riconoscerà in queste righe e negli articoli che dedicheremo alle pensioni attuali e future e ai soggetti che di esse dovrebbero fruire. Tratteremo soprattutto dei soggetti in quiescenza, targati INPS ma già contribuenti INPDAP ed, in parte, vincolati alla CPS (Cassa pensione sanitari, precocemente defunta, per volere politico).

Molti conoscono la riforma Fornero e le sue conseguenze: l’allungamento della vita lavorativa e del periodo contributivo. Amaramente, dobbiamo invece riconoscere che non molte persone – sostanzialmente i pensionati danneggiati – conoscono i tagli subiti dai loro “stipendi differiti”, nel corso degli ultimi 12 anni.

Per chiarezza e per evitare antipatiche e aprioristiche prese di posizione (sia nel sito che nel blog che nei tweet vari) chiariamo che questa storia dovrebbe interessare sia gli attuali pensionati (con valori mensili lordi superiori da 3-5 volte il minimo Inps in su), che i futuri pensionandi, vicini o lontani che siano al momento della quiescenza. Per gli uni e per gli altri va fatta una chiara azione informativa e formativa. Ma solo come primo passo, credetemi.

Gennaio 2014

Nel Gennaio 2014, un piccolo gruppetto di pensionati INPS ex-INPDAP decideva di avviare una iniziativa di auto-tutela nei confronti delle continue aggressioni alle pensioni in godimento. Aggressioni economiche, da intendersi  come tagli brutali ai loro valori lordi e come mancato adeguamento delle pensioni stesse al costo della vita.
L’appuntamento era a Mestre, Ospedale all’Angelo, sabato 25 Gennaio 2014, alle ore 10. Ospedale all’Angelo, una cattedrale ospedaliera rivestita da una cupola piena di vetri, costosa da pulire e da mantenere. Ma questa è un’altra storia.

Ebbene, quell’incontro si rivelò un successone. 313 presenze, 313 dirigenti veneti in quiescenza, tutti arrabbiati perchè preoccupati per il presente ed il futuro delle loro pensioni. Una folla di ex-INPDAP, che chiedeva solo di essere organizzata ed aiutata a difendersi dal “governo di turno”. Chi erano? Pensionati pubblici di diversa estrazione: medici, sanitari, farmacisti, veterinari, dirigenti amministrativi, insegnanti, magistrati…

313 persone, penalizzate come tante altre, da ripetute norme di legge che, con cadenza annuale, impattavano solo sulle pensioni “pubbliche”, su tutte le pensioni pubbliche superiori al “minimo vitale” (deciso da chi lucra sui vitalizi!) e soprattutto su quelle arbitrariamente definite “ricche”. Ricche in un Paese dove pensioni di favola toccano, immotivatamente, a certi sindacalisti, a certi SUPERBUROCRATI, a certi commessi parlamentari, ai consiglieri regionali, a chi ha fatto tanta politica ma ha solo sfiorato il normale mondo del lavoro.

Chi ci legge può sapere o non sapere che le decurtazioni al trattamento di quiescenza dei dipendenti pubblici sono state reiteratamente riproposte con svariate leggi, soprattutto con quelle di stabilità di ogni fine d’anno.
è perciò necessario ribadire che negli ultimi 9 anni (2008-2016) i pensionati italiani “pubblici”, con assegno oltre 5 volte il minimo INPS, hanno visto bloccati, in modo parziale o totale, i meccanismi di indicizzazione delle loro pensioni per ben 6 anni (66% dell’intero periodo) il che comporta una perdita cumulata del potere di acquisto della pensione in godimento per un valore del 15-20%, se a ciò si aggiunga il contributo di solidarietà applicato alle fasce pensionistiche over 90.000 euro lorde/anno.

Insomma il danno ha colpito, in questi anni, non solo le pensioni di ottone (ottone, non oro) ma tutte quelle superiori al minimo vitale. E, tutto ciò, con una logica PAUPERISTICA, qualunque fosse il governo di turno. No, non si tratta di tutela degli egoismi. Si tratta di supportare una categoria che ha poche difese, quella dei pensionati, categoria che è più facile aggredire alla fonte, lasciando intonsi (si, intonsi) i cittadini attivi, a parità di reddito annuale.

Negli anni passati, la Corte Costituzionale (sentenze n. 30/2004, 316/2010, 223/2012, 116/2013) ha ripetutamente imposto degli stop al legislatore, che ha persistentemente violato – in tema di pensioni- i principi costituzionali di adeguatezza, di rispetto dei diritti acquisiti, di ragionevolezza, di proporzionalità. In breve, di buon senso.

Più volte, infatti, la Consulta ha ribadito che queste misure sono da considerarsi Tributi “a tutto tondo” e, pertanto, se necessarie per l’equilibrio dei bilanci pubblici, debbono essere applicate a tutti i cittadini, attivi o pensionati che siano, con redditi superiori ad una certa soglia. La Consulta, insomma, ha costantemente ribadito e stabilito che il citato e reiterato contributo solidaristico è stato applicato ai soggetti in quiescenza in modo improprio, eccessivo e sperequato.

Ricordiamo che la Consulta ha scritto: “…i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e MINORIS generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell’osservanza dell’artIcolo n. 53 della Costutuzione”.

Ebbene. Ebbene, nonostante ciò, il Governo Letta (legge 147/2013, art.1, c.486) ha pervicacemente riproposto i tagli citati, ampliandoli al triennio 2014-2015-2016. Da ciò, la rabbia del gruppetto veneto.

Ma i “leaders naturali del gruppuscolo” hanno capito che la loro ” incavolatura” non era isolata. Con loro c’erano 313 persone. Una testuggine compatta, che non solo ha deciso di attivare le azioni legali contro i nuovi balzelli ma le ha anche finanziate, pagando subito la quota individuale, richiesta. Invocavano GIUSTIZIA.

L’azione legale veniva affidata ad uno studio milanese, quello dell’Avvocato Angiolini. Dopo circa tre mesi, il legale depositava alla Corte dei Conti di Venezia 3 diverse istanze a tutela di 3 diverse tipologie economiche di pensioni pubbliche.

Ebbene, a distanza di un anno, la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale di Venezia, ha rimesso la questione al giudice delle leggi, con ordinanza n.12 del 16/02/2015. Sull’esempio del Veneto, altri ricorsi erano, nel frattempo, stati avviati in altre Regioni d?Italia.

E, così, oltre alla Corte dei Conti del Veneto, anche altre sezioni regionali della Corte dei Conti (su tutte, ricordiamo quella della Calabria) si sono pronunciate negli stessi termini, rimettendosi al giudizio della Corte Costituzionale.

I 313 hanno, per ora, vinto una battaglia. Ma la guerra è lunga. I 313 lo sanno ed hanno deciso di muoversi. Come? Intanto dandosi un nome: “I 300 di Leonida”. E, poi, dandosi un altro appuntamento: Sabato 28 Marzo, alle ore 10, presso il solito Ospedale all’Angelo. Per fare che? Per passare alla seconda fase della lunga guerra di posizione. I Persiani sono alle porte. Occorre difendersi dalle idee di Boeri e dei bocconiani  al governo o nei paraggi del governo. A MESTRE…..a Mestre, per nuove azioni. Questa è solo la prima parte dell’intera, lunga, storia.

Stefano Biasioli (detto Lenin) a nome e per conto dei 300 di Leonida


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