Da alcuni anni il bocconiano Boeri continua a lanciare e rilanciare le sue idee sul modo di sistemare i conti dell’INPS, idee basate soprattutto sul concetto che le attuali pensioni di origine “mista” (cioè retributiva e contributiva) siano illegittime, perché sovrastimate e sopravvalutate rispetto ai contributi realmente versati dal singolo pensionato. Purtroppo per i pensionati e per i pensionandi, oggi Boeri è il Presidente dell’INPS in carica, quindi è da pensare che cercherà di trasformare le sue “brillanti” intuizioni in fatti concreti.
A noi non piace citare i “siti” altrui. Ma non possiamo non citare l’articolo apparso il 14 gennaio 2014 su la voce.info, a firma di Tito Boeri, Fabrizio e Stefano Patriarca. Non lo possiamo non citare perché contiene tutta la summa del “Boeri-pensiero”, così sintetizzato nella premessa dell’articolo stesso: «Niente scuse, è possibile chiedere un contributo di equità basato sulle differenze tra pensioni percepite e contributi versati, limitatamente a chi percepisce pensione di importo elevato. Si incasserebbero 4 miliardi di euro, riducendo privilegi concessi in modo trasparente».
Affermazione grave, contraria alla Costituzione, ai dettati della Consulta e financo al buon senso. Innanzitutto, chi valuterebbe «quella parte della pensione che non è giustificabile sulla base dei contributi versati…»? E quale sarebbe il fine di questo prelievo illegittimo, arbitrario e comunistoide? Per «sostenere nella vecchiaia chi non ha accumulato abbastanza contributi…».
Saremmo all’esproprio proletario. Capite, per fare “assistenza” non si pensa ad utilizzare la fiscalità generale, tassando in modo proporzionale i redditi dichiarati, ma ci si propone di agire derubando solo alcuni, considerati – a torto – dei privilegiati.
Secondo Boeri & Co., così facendo, non solo si agirebbe in modo equo ma si educherebbero i lavoratori: «Si darebbe un messaggio forte e chiaro ai lavoratori… Se le vostre pensioni saranno tutte contributive, non avrete da temere: le vostre prestazioni future non verranno mai toccate dal consolidamento fiscale». Mai toccate… In attesa di un Boeri bis, che rimetta tutto in discussione.
Pur essendo «vero che non è possibile ricostruire le storie contributive di tutti i lavoratori dipendenti» , il problema potrebbe essere superato – per Boeri & Co. – applicando il cosiddetto “forfettone”, ossia effettuando un calcolo dei contributi versati in pochi anni precedenti il 1995 ed estendendo il conto all’intero periodo lavorativo “retributivo”. Capite, ad ingiustizia si aggiungerebbe ingiustizia. Tagli pensionistici solo ad alcuni, ricalcolo dei contributi versati ante 1 gennaio 1996 in modo grossolano ed aleatorio. Quel “contributo di equità e solidarietà” sarebbe l’effetto di un esproprio grossolano su cifre previdenziali calcolate in modo spannometrico!
Ma chi sarebbe colpito? Una fascia pensionistica «limitata al solo reddito pensionistico superiore a 2.000 euro lorde al mese» come somma di tutte le pensioni in capo ad ogni singola pensione. Una bella platea: 1,7 milioni di persone (850.000 pensionati ex-privati; 770.000 pensionati ex INPDAP; 100.000 ex lavoratori autonomi).
Ma, cari pensionati, state tranquilli. Le aliquote sarebbero progressive: 20% dello squilibrio su pensioni tra 2mila e 3mila euro; 30% dello squilibrio su quelle tra 3 e 5mila euro; 50% dello squilibrio su quelle superiori a 5mila euro. Gettito complessivo di questo “contributo”? 4,18 miliardi di euro, di cui 3,736 ex INPDAP; 0,444 ex L.autonomi.
Ma, cari pensionati, state tranquilli. Infatti, scrivono Boeri ed i due Patriarca: «La riduzione dei trattamenti pensionistici si aggirerebbe mediamente tra il 3 ed il 7%, quindi non si tratta affatto di un intervento draconiano…». Unica eccezione, dicono loro, «il taglio marcato del 10% per ex INPDAP con pensioni superiori ai 6mila euro. Qui il contributo può salire fino al 10% della pensione». E continuano: «Complessivamente questo intervento chiede solo al 10% dei pensionati che hanno un reddito più alto, e che possiedono il 27% del totale delle pensioni, un contributo medio pari a meno di un quarto di quanto non è giustificato dai contributi versati. Ciò riduce solo in parte il mare magnum delle iniquità presenti nel nostro sistema previdenziale. Ma forse farà sentire, per una volta, i padri più vicini ai figli».
Populismo integrale, con calcoli e prelievi grossolani e con ripetuta violazione della Costituzione, delle leggi (tributarie e non), dei diritti acquisiti e del buon senso. Buon senso che manca in questo Paese, anche nei bocconiani! Invece di chiedere una seria riforma dell’INPS, ente megagalattico, moloch mostruoso in cui la previdenza contributiva è confusa con l’assistenza e con l’assistenza previdenziale. Invece di chiedere una netta dicotomia, nel bilancio INPS, tra bilancio assistenziale reale e bilancio previdenziale contributivo.
Invece di chiedere a chi ci governa di fare chiarezza sui versamenti “figurativi ” e sulla adeguatezza del finanziamento statale della GIAS (Gestione degli Interventi Assistenziali) a coprire integralmente le svariate decine di voci assistenziali e di assegni sociali, si propone di colpire i soliti noti, i pensionati pubblici.
Un vero colpo di genio “bocconiano e cooperativo”. Poiché è difficile la separazione tra assistenza e previdenza, sia nel bilancio INPS che nel bilancio dello Stato, si preferisce chiudere i “buchi INPS” taglieggiando i pensionati “ricchi”: da 2.000 euro lorde in su. Ma i “buchi INPS” non riguardano la previdenza ma l’assistenza, perché molte voci assistenziali sono impropriamente inserite all’interno dei capitoli previdenziali. Per l’ennesima volta domandiamo: a chi giova questa confusione?
Infine, ma non sommessamente, ricordiamo a Boeri, Patriarca e all’oligarca Renzi che i pensionati pubblici, che si vorrebbero taglieggiare con la “tassa di solidarietà”, hanno già dato e stanno dando “grossi contributi di solidarietà alle casse del Paese”. Agli smemorati ricordiamo i suddetti contributi forzosi in atto sono legati, tra gli altri, a due provvedimenti legislativi:
– articolo 34,c.1, legge 448/98 (modifica in pejus del meccanismo rivalutativo delle pensioni);
– art.1, c.486 della legge 147/2014 (reintroduzione del contributo di solidarietà con riproposizione di analoga norma, già dichiarata anticostituzionale dalla Consulta , con sentenza 116/2013).
Agli smemorati Boeri & Co. ricordiamo che le sentenze della Corte Costituzionale n° 30/2004; n°316/2010; n° 223/2012 e n°116/2013 costituiscono altrettanti “semafori rossi” accesi dai giudici della Consulta nei confronti del Legislatore, che ha ripetutamente violato – in tema di pensioni – i principi di adeguatezza, di rispetto dei diritti quesiti, di ragionevolezza, di proporzionalità etc. Ed è da notare come le pronunce anzidette riguardassero le questioni di “momentaneo” mancato adeguamento delle pensioni rispetto all’inflazione.
Questioni certamente meno gravi di una decurtazione permanente della pensione in godimento, quale è quella che ora si ipotizza e si profila. Negli ultimi 9 anni (2008-2015) i pensionati italiani, con assegno oltre 5 volte il minimo INPS, hanno visto bloccati, in modo parziale o totale, i meccanismi di indicizzazione delle loro pensioni per ben 6 anni su 9 (66% dell’intero periodo). Ciò comporta una perdita cumulata e permanete del potere d’acquisto della pensione in godimento per un valore del 15-20%, se si tiene conto del contributo di solidarietà, già in essere. In altri termini (caro Boeri & Co.!) il principio solidaristico è già stato oltre misura applicato ai soli pensionati e non ai lavoratori attivi, a parità di reddito.
Poiché il legislatore non ha messo fine a questi “espropri”, sono state attivate – da parte di molti pensionati pubblici – nuove iniziative legali, presso la Corte dei Conti di varie Regioni (es. Veneto, Calabria etc.), con successivo rinvio alla Consulta (ad esempio, ordinanza C.Conti del Veneto del 16/02/15).
In attesa che la Consulta si pronunci, ancora una volta, un gruppo di pensionati veneti ricorrerà anche alla Corte di Giustizia di Strasburgo, per ottenere anche dalla stessa una sentenza relativa alla violazione italiana dell’articolo 6 della CEDU, analogamente a quanto già avvenuto con sentenza del 31 maggio 2011.
Insomma… «Boeri, Patriarca, Renzi, Gutgeld & Co., state tranquilli!».
No, non ci faremo prendere a calci.