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Garanzia Giovani, un anno dopo. Il bilancio di Poletti (e quello di Adapt)

Il primo maggio Garanzia Giovani compirà un anno. Il bilancio? “Ci sono ampi margini di miglioramento ma posso ritenermi soddisfatto degli obiettivi raggiunti”, ha dichiarato il ministro del lavoro Giuliano Poletti. “C’è poco da gioire e ancora molto lavoro da fare”, hanno risposto alcuni esperti passando al vaglio numeri e risultati.

CHE COS’E’

“Garanzia Giovani” è il piano europeo con cui Stato e Regioni si impegnano ad offrire ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 19 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in nessun percorso formativo (Neet – Not in Education, Employment or Training) un percorso di formazione ed una opportunità lavorativa. Per le aziende sono previsti bonus occupazionali per le nuove assunzioni ed incentivi per l’attivazione di tirocini.

IL BILANCIO DI POLETTI

Ci si sarebbe potuto aspettare di più da Garanzia Giovani? “La partenza era complicata”, ha detto il ministro del Lavoro durante la presentazione di “Crescere in digitale” l’iniziativa presentata questa mattina in collaborazione con Google e Unioncamere che si inserisce nell’ambito del programma “Garanzia Giovani”.

“Oggi avere 550 mila giovani che si sono registrati è un risultato non banale. E il fatto che dopo 12 mesi continuino a registrarsi 10/15 mila giovani al mese è per me una grande soddisfazione”, ha commentato Poletti.

“Garanzia Giovani è un contenitore capace di migliorare e questa iniziativa “Crescere in digitale” ne è la prova. Partiremo, faremo le nostre esperienze e se dovessimo incrociare elementi di problematicità, li sistemeremo. Ma per correggere una cosa la devi fare. Accettando anche l’idea che l’errore è una parte normale della nostra vita”.

Ma anche i giovani dovranno fare la loro parte: “La logica di Garanzia Giovani è lavorare sull’occupabilità. E vuol dire: competenze, saperi e attivazione. Perché se i giovani aderiranno dipenderà anche da loro”, ha sottolineato il ministro.

LO STUDIO DI ADAPT

I buoni propositi del ministro Poletti si scontrano però con uno studio di Adapt, l’Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali. I lavori offerti ai giovani tramite il sito di Garanzia Giovani? “Sono solo ridicole proposte”, ha sottolineato Michele Tiraboschi, docente di diritto del Lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore scientifico di Adapt.

Tiraboschi ha sottolineato che “molti dei problemi iniziali restano tali, e le criticità sollevate più volte e da più fronti sembrano esser state ignorate”.

Sin dall’attivazione del sito istituzionale Adapt ha monitorato l’andamento del piano Garanzia Giovani segnalando più volte l’inadeguatezza del portale e l’inefficienza dell’implementazione.

In occasione del compimento del primo anno di vita del progetto Tiraboschi ha raccolto le offerte pubblicate lungo tutto il corso dell’anno sul portale di ‘Garanzia Giovani’. Il risultato, ha scritto, “dimostra la totale assenza di filtri nel loro inserimento”.

Adapt ha inoltre deciso di dare voce ai giovani, attraverso il monitoraggio di 3 mila ragazzi svolto in collaborazione con la testata giornalistica Repubblica degli stagisti. “La metà purtroppo, al momento della compilazione del questionario, non era ancora stata contattata per il colloquio da parte dei centri per l’impiego e solo il 24% di coloro che hanno effettuato il primo colloquio conoscitivo sono stati contattati per un secondo momento in cui valutare insieme agli operatori le proposte concrete disponibili.”, si legge nello studio pubblicato da Adapt.

Tra coloro che hanno sostenuto il primo colloquio “il 44% dichiara di aver ricevuto una generica proposta di un lavoro o uno stage futuro mentre il 39% è uscito dal colloquio senza aver ricevuto nessuna proposta concreta. E soltanto il 12% ha ricevuto una panoramica completa e dettagliata delle proposte che Garanzia giovani offre”.

I NUMERI (OTTIMISTI) DEL MERCATO DEL LAVORO

Ma Poletti ha in mente altri numeri. E dicono questo: “La qualità del mercato del lavoro italiano sta migliorando”, ha detto il ministro durante la presentazione di “Crescere in digitale”.

“Sono ottimista perché guardo ciò che sta cambiando, guardo i segnali che arrivano su molti fronti e mi sento di dire che ci sono le condizioni perché l’Italia riparta dal punto di vista economico e produca delle opportunità sul lavoro”, ha detto il ministro del Lavoro.

Poletti ha tenuto a ricordare che i dati che produce e che propone il Ministero del lavoro sono il risultato delle comunicazioni obbligatorie che ogni impresa fa ai centri per l’impiego rispetto ai contratti che attiva e a quelli che chiude. “Si tratta di contratti di lavoro dipendenti, non stiamo parlando di valore assoluto dell’occupazione, dove vanno inclusi i lavoratori autonomi, i partita iva, i collaboratori, il lavoro irregolare. C’è un dato generale formato da varie voci, ma di questo si occupa l’Istat. Non compariamo cosa incomparabili”, ha sottolineato Poletti.

“Le comunicazioni obbligatorie dicono che si riducono le diverse tipologie di contratto e aumenta il contratto a tempo indeterminato. È un obiettivo del governo: noi vorremmo che in prospettiva il contratto a tempo indeterminato diventi il modo normale di assumere un lavoratore, cosa che il nostro Paese non è più da molti anni abituato a fare: su 100 avviamenti 85 sono co.co.pro, co.co.co., tempo determinato, lavoro a chiamata ecc. Solo 15 lavori vengono stipulati a tempo indeterminato”, ha spiegato il ministro ricordando che “fino a qualche giorno fa la precarietà era il male assoluto”, mentre “adesso se 50 mila persone hanno un contratto a tempo indeterminato non fa differenza”.

“Non sono disposto ad accettare l’idea che se centinaia di cittadini italiani avranno un contratto a tempo indeterminato questo venga considerato un elemento di poco valore”, ha concluso il ministro.


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