Matteo Salvini e Maurizio Landini (ovviamente) non ci stanno. Renzi li ha definiti “soprammobili” da talk show del piccolo schemo, e loro hanno risposto – come era prevedibile – per le rime. È un po’ come il bue che dice cornuto all’asino, hanno risposto. E qui hanno ragione.
Ciò non toglie che un problema c’è. In Italia, la presenza dei leader politici in televisione è stata a lungo ingabbiata in forme ritualmente codificate, come “Tribuna elettorale” o “Tribuna politica”.
A partire dalla metà degli anni Ottanta, i politici sono tracimati, prima nei talk-show e poi nelle trasmissioni di intrattenimento, per ballare, cantare, cucinare, nel tentativo di apparire più vicini (o simpatici) ai loro potenziali elettori. Questa mutazione genetica riflette tendenze più ampie, che concorrono a segnare quella che è stata chiamata “era del narcisismo”.
La prima è la spettacolarizzazione della società, teorizzata da Guy Debord nel 1967. La seconda tendenza, naturale conseguenza della prima, è la spettacolarizzazione della politica. Essa è stata oggetto di infinite analisi, a partire da quella di Neil Postman nel suo profetico “Divertirsi da morire” (1986), vecchia ormai di trent’anni. “Forse è esagerato affermare – osservava il sociologo americano – che i politici divi hanno tolto valore ai partiti: ma non si può negare che c’è una certa correlazione tra l’aumento della fama dei primi e il declino di questi ultimi. […] La televisione non ci dice qual è l’uomo migliore di un altro. In realtà essa rende impossibile stabilire se uno è migliore di un altro, intendendo per migliore il più capace di negoziare, il più creativo nel decidere, il miglior conoscitore degli affari internazionali, e così via. La ragione deve venire a patti, quasi completamente, con l’immagine”.
Come è noto, la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica hanno investito per primi gli Stati Uniti. L’aveva capito già nel 1966 un attore considerato modesto, Ronald Reagan: “La politica è come un’industria dello spettacolo”. Reagan è poi diventato un grande leader politico.
Noi, al contrario, abbiamo avuto e abbiamo tuttora leader politici modesti che non sono diventati nemmeno grandi attori.