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Dai Call center un allarme per Renzi: la decontribuzione non funziona

E se Matteo Renzi stesse puntando sugli incentivi sbagliati? Decontribuzione e un po’ di Irap tagliato è la ricetta che il governo del rottamatore ha scelto fin dall’inizio. Niente di nuovo, sono le leve classiche quando si cerca di incentivare le assunzioni. Ma non funzionano, sempre. A volte hanno addirittura effetti contrari a quelli voluti. Una denuncia in questo senso, praticamente unanime visto che accomuna aziende e lavoratori, arriva dal settore dei Call Center.

La commissione Lavoro della Camera ha condotto una indagine conoscitiva sul fenomeno di quelli che oggi in realtà si chiamano più correttamente contact center. Rapporto da legge per intero e utilissimo, dove vengono spiegati i vari problemi di un settore che conta ancora 80 mila occupati e un fatturato da 2,3 miliardi, ma è anche in crisi nera. Colpa della delocalizzazione, in primo luogo. Le aziende si trasferiscono in Nord Africa, Romania, Bulgaria e Albania per abbattere i costi e offrire il servizio a prezzi più bassi (sì è per questo che quando chiamate l’assistenza per un prodotto o venite chiamati per una promozione sentite accenti non italiani) a committenti, magari pubblici, che fanno gare al massimo ribasso. A beneficio dei bilanci, ma a detrimento del servizio e del buon senso, che vorrebbe le istituzioni combattere la delocalizzazione, non favorirla.

Ma c’è dell’altro. A provocare una crisi, forse irreversibile, del settore ci sono anche le agevolazioni contributive. Strano, ma vero. Una legge del 1990 prevede sconti che vanno dal 50 al 100% per chi assume disoccupati di lungo corso. Le aziende dei call center ne usufruiscono in modo massiccio.
Peccato che l’effetto sia quello di un «continuo avvicendamento degli operatori», si legge nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva.

Tanto per spiegare semplificando, le società aprono, magari al Sud dove fino a poco tempo fa l’incentivo era più alto, assumono usufruendo della decontribuzione. Ma alla fine dell’agevolazione, cioè dopo tre anni, mettono in cassa integrazione i dipendenti, quindi chiudono. Poi, magari, riaprono con una nuova società, che gli permetta di attivare di nuovo la decontribuzione. Risultato, in un Paese dove la dimensione delle imprese dovrebbe crescere, si favoriscono le microaziende mordi e fuggi, penalizzando chi investe in modo serio. Effetto paradosso, un incentivo per favorire le assunzioni, contribuisce a desertificare un intero settore. Peraltro uno dei pochi ancora vitali dell’economia.

Le conclusioni dell’indagine fatta dalla commissione guidata da Cesare Damiano, del Pd, danno un argomento in più a chi teme che gli incentivi del governo Renzi, decontribuzioni anche in questo caso, siano un fuoco di paglia. E a chi pensa che la ricetta per uscire dalla crisi, più che misure spot, siano investimenti pubblici fatti bene e, soprattutto, tagli delle tasse. A patto che vangano per tutti e siano permanenti.


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