Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Tino Oldani uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi
C’è da chiedersi cosa sarebbe l’Italia senza il pungolo dell’Europa. È un quesito che Italia Oggi ha il diritto di porre, sapendo di non avere mai lesinato critiche all’Unione europea, ai suoi regolamenti ottusi, al suo eccesso di burocrazia e di austerità, in una parola all’euro-cretinismo. Ma quando l’Europa ci prende in castagna su ritardi veri, è giusto prenderne atto. È di ieri l’ennesimo richiamo della Commissione Ue, che lamenta di avere riscontrato “infrazioni e violazioni sistematiche di obblighi europei” da parte del nostro Paese nel settore dei depuratori delle acque e delle fognature, con rischi per la salute dell’uomo e per l’inquinamento dell’ambiente.
Sono ben 817 i Comuni italiani con più di 2 mila abitanti nei quali le acque di scarico non sono depurate in modo adeguato, nel rispetto di parametri europei. Tra i più grandi, figurano Roma, Firenze, Napoli, Bari. Un ritardo che investe quasi tutte le Regioni, da Nord a Sud, comprese Regioni considerate virtuose come Lombardia, Piemonte, Veneto e Valle d’Aosta, e le province autonome di Bolzano e Trento. Per questo, dopo avere premesso che l’Italia potrebbe essere chiamata a risponderne davanti alla Corte di giustizia europea, la Commissione Ue ha sollecitato il governo di Matteo Renzi a prendere “misure concrete per ovviare al più presto alle carenze riscontrate”.
Per la verità, su questo punto, Renzi non ha colpe. Anzi, con il decreto Sblocca Italia dell’autunno scorso, il suo governo è stato tra i più solerti nel mettere a disposizione un pacchetto di risorse da investire in nuovi depuratori. Non solo. Da accentratore qual è, Renzi ha istituito a Palazzo Chigi un’apposita Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, che opera insieme al ministero dell’Ambiente, sotto la guida di Erasmo D’Angelis. Dotata di un proprio hashtag (#italiasicura), questa Struttura di missione ha immediatamente risposto ai rilievi della Commissione europea, postando sul sito di Palazzo Chigi una lunga dichiarazione di D’Angelis, imperdibile per l’onesta e brutale franchezza sui nostri ritardi.
Dopo avere premesso che “l’Italia è in grado di superare i gap infrastrutturali con un’accelerazione degli investimenti e un effetto positivo sugli investimenti”, D’Angelis affonda il coltello nella piaga: “Sappiamo che il sistema idrico, fognature e depurazione è ad un livello insostenibile per un Paese europeo, forte, industriale e geniale come il nostro: 3 italiani su 10 non sono ancora allacciati a fognature o a depuratori, con quasi la maggioranza di chi vive in Sicilia, Calabria, Campania, un 30% in Lombardia e Friuli. Siamo in ritardo sulla capacità di depurazione. Solo due aree metropolitane italiane delle 14, quella fiorentina e torinese, hanno raggiunto una depurazione al 100%. Questa situazione ha condotto già a due condanne della Corte di Giustizia Europea, e la terza procedura di infrazione, notizia di oggi, viaggia spedita e porterà inesorabilmente, se non si interviene con forza e determinazione alla terza sentenza di condanna, ed alla irrogazione di pesanti sanzioni. Una nostra prima simulazione porta la cifra complessiva delle sanzioni Ue a circa 480 milioni di euro l’anno dal 2016 e fino al completamento delle opere”.
Un quadro disastroso. Ma finora cosa si è fatto? La riposta di D’Angelis è un pugno nello stomaco, parole mai sentite da un responsabile di governo: “Abbiamo alle spalle anni di risorse inviate e non spese. Dal 2007 al 2013 tre delibere del Cipe e i Fondi europei hanno finanziato a fondo perduto opere idriche per complessivi 4,3 miliardi di euro, in particolare nelle Regioni del Sud. Un tesoretto da avviare a cantiere per 1.296 interventi tra depuratori e reti fognarie. Il nostro monitoraggio ha verificato che appena 76 risultano oggi completati per circa 47 milioni di euro, 768 sono in corso per 1,5 miliardi di euro, mentre i restanti 452 per 2,7 miliardi li abbiamo trovati bloccati e non progettati e sono oggi in fase di avviamento”.
Sempre D’Angelis: “Il Governo è già intervenuto con lo Sblocca Italia sul tema infrazioni, stabilendo tempi e regole da rispettare per impegnate risorse e aprire cantieri e far applicare, dopo 21 anni, la Legge Galli a 5 Regioni: Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise. Superare l’emergenza è possibile con un lavoro responsabile di squadra, garantendo il buon funzionamento degli impianti di depurazione esistenti, che sono 18.786, di cui 18.162 in esercizio, concentrati soprattutto al Nord. Il piano di investimenti di pubblica utilità a lungo termine impegna le aziende idriche ad assicurare almeno 50 euro di investimenti per abitante/anno (oggi è di 34 euro/abitante anno, ma si abbassa a 28 se si considerano le gestioni comunali che investono meno di 10 euro/abitante anno)”.
D’Angelis si dilunga e tocca altri punti, dal confronto umiliante con gli altri Paesi Ue fino ai 20 miliardi di risorse spendibili entro il 2020. Tutto chiaro. Ora si dia da fare, e investa questi 20 miliardi al più presto, con la stessa onestà dimostrata nel tracciare il quadro dei ritardi, senza farsi intralciare dalle tangenti. Anzi, se le capita, denunci anche quelle. Le saremo doppiamente grati.