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Hawk-Eye, come funziona (e chi ci guadagna) con l’Occhio di Falco

Mai più “casi Muntari”. Ma neanche Rami, Astori o Morganella, giusto per citare gli episodi di gol fantasma (convalidati e non) dell’ultimo campionato.

La Serie A lo aveva deciso da tempo e venerdì lo ha comunicato ufficialmente: il 7 giugno, giorno della finale di Coppa Italia tra Juventus e Lazio, si partirà con il cosiddetto Hawk-Eye (“Occhio di Falco”), sistema tecnologico che stabilirà in maniera scientifica se il pallone avrà varcato o meno la linea di porta.

Non sarà un debutto fine a se stesso visto che, dal prossimo campionato, la tecnologia diventerà parte integrante dei nostri stadi. Fine delle polemiche insomma? Più o meno.

Il sistema infatti mantiene un margine d’errore di 1,5 cm: basso, bassissimo, ma comunque esistente. Ad ogni modo arbitri e assistenti di porta ne gioveranno, su questo non c’è dubbio. I casi più eclatanti infatti verranno risolti e il calcio italiano farà il primo, importantissimo, passo verso la modernità, sulla falsa riga della Premier League inglese (l’Hawk-Eye ha debuttato in questa stagione) e della Bundesliga tedesca (anch’essa pronta a partire dalla prossima estate).

Il sistema piace alla gente e suscita molte domande e curiosità: come funzionerà esattamente? Quali sono le aziende che lo produrranno? Che costi avrà?

Partiamo col dire che l’Hawk-Eye non era l’unico acchiappa-(gol)-fantasmi. A contendersi l’appalto per i mondiali 2014 (i primi con l’uso della tecnologia) c’era anche il GoalRef, una sistema basato su microchip (dentro la palla), sensori (sui pali) e telecamere (sulle linee). Ma la Fifa l’ha scartato scegliendo di affidarsi al “parente” più famoso.

Già, perché Occhio di Falco viene utilizzato da tempo nel tennis e nel cricket, peraltro con ottimi risultati. Il suo debutto nel calcio non è stato da meno: in molti ricorderanno quanto accadde il 15 giugno scorso durante Francia-Honduras quando Benzema, dopo aver colpito il palo, si vide convalidare un gol proprio da lui. Che, grossomodo, funziona così: 14 telecamere totali (7 per porta) in ultra-definizione posizionate ai lati e dietro la porta, in grado di registrare immagini a 2000 frame al secondo (quelle normali, tanto per intenderci, raggiungono quota 25) che vengono poi rielaborate graficamente da un software 4D. Il tutto in meno di un secondo, con l’arbitro che deve solamente cogliere il segnale sul suo orologio. Rapido, indolore e geniale.

Inventato nel 1999 dall’inglese Paul Hawkins, il sistema è stato comprato 4 anni fa dalla Sony per 32 milioni di dollari e oggi, grazie alla rapida ascesa nel mondo del calcio (e alle trattative con la NFL statunitense), vale infinitamente di più. Introdurlo sui campi però avrà costi tutto sommato accessibili: 3 milioni una tantum per installarlo, 1 milione a stagione (175mila euro per sensori e telecamere, 48 mila per tutto il campionato) da dividere fra le 20 squadre della Serie A.

Un prezzo abbordabile soprattutto se si pensa al costo (800 mila euro a stagione!) degli arbitri di porta, decisamente meno infallibili di sensori e telecamere. La tecnologia è pronta, ora non resta che goderne i benefici.

Resta solo da chiedersi una cosa: perché nessuno ci ha pensato prima?

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