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I magistrati sono anche scienziati?

Domani, mercoledì 22 aprile alle ore 18, presso la Biblioteca Vaccheria Nardi di Via Grotta di Gregna 37, Roma, si terrà la presentazione del libro “Parola di scienziato” (UniversItalia) di Marco Ferrazzoli, giornalista e scrittore. A spiegare i contenuti e le motivazioni alla base del lavoro saranno l’autore del libro e Francesca Dragotto, docente di linguistica presso l’Università di Roma Tor Vergata. L’interrogativo che si proverà a sciogliere è di quelli importanti: ci si può fidare della scienza?

La crisi di autorevolezza e credibilità che ha minato scienza e conoscenza ha dei caratteri peculiari, ma si inserisce in alcuni contesti più ampi dei quali è necessario tenere conto.

Il primo è la sfiducia che rende le istituzioni oggetto di una critica feroce e sostanziale, al punto che i meccanismi dell’”espressione sociale del dissenso” paiono ormai di gran lunga quelli di maggior successo. Questo meccanismo pervade molti aspetti della vita pubblica: dalla secolarizzazione religiosa alla perdita di autorevolezza delle ideologie e delle istituzioni politiche, fino alle decisioni della magistratura, e non risparmia certo i campi scientifico e tecnologico. Su temi come il caso Stamina, i timori legati alle vaccinazioni e il riconoscimento scientifico dell’omeopatia, qui illustrati, e in molte altre controversie la mancanza di fiducia nelle autorità competenti emerge come un varco nel quale si può inserire qualunque tesi complottistica o scorciatoia millantata.

Un elemento da considerare è poi l’articolazione dei soggetti sociali interessati – mondo accademico e della ricerca, decisori politici, amministratori, finanziatori pubblici e privati e cittadini – legati da un rapporto complesso che rende ancor più essenziale il ruolo di volano e amplificatore svolto dai mezzi di comunicazione. In tale contesto acquisisce particolare rilievo l’ingresso in campo della magistratura quale organo dirimente e decisionale su tematiche che prevedono precise competenze disciplinari, questione deflagrata con il processo alla Commissione Grandi Rischi e che andrebbe risolta mediante una collaborazione più organica e strutturata tra autorità giudiziaria e organismi scientifici deputati.



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