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Inps, alcuni spunti di riflessione su assistenza e previdenza

Ultimo di una serie di approfondimenti che è possibile leggere qui:
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Il complesso funzionamento del più grande istituto di previdenza pubblica d’Europa, come già anticipato, continua a dividere coloro (i c.d. “riduzionisti”) i quali sostengono che la spesa previdenziale (in senso stretto) trovi ampia copertura con il gettito contributivo (annullando l’apparente disavanzo causato esclusivamente dalla spesa assistenziale) da quelli che sostengono che la spesa pensionistica è una soltanto, a prescindere da come la si finanzia (contributi o imposte), e che comunque in Italia (come sopra riportato) molto sia stato fatto sulla c.d. separazione tra assistenza e previdenza.

Noi non neghiamo di appartenere al primo gruppo, ossia a coloro che ritengono che le spese assistenzial-sociali siano sottofatturate e che buona parte di esse sia coperta dai contributi previdenziali, con “distrazione” di fondi.
Un esempio, su tutti. L’entrata della GIAS copre integralmente tutte le prestazioni assistenziali e sociali, anche quelle legate alla grave crisi economica post 2007, alla decontribuzione dei neo-assunti 2015 (per i prossimi tre anni), le spese per i migranti?

Mancano certezze, che – da anni – chiediamo, inascoltati. Per questo, ci fermiamo, per ora, qui.
In tal senso si ritiene che, più che giungere a conclusioni, sia preferibile individuare spunti di riflessione a corollario di questo breve excursus.

LE VERE PENSIONI CONTRIBUTIVE

In primo luogo, a livello meramente contabile, si potrebbe argomentare che dai dati esposti, la spesa per pensioni è di circa 242 miliardi di euro e che le entrate contributive sono circa 210 miliardi (con evidente disavanzo). Ma si tratta di un disavanzo (32 miliardi) apparente, per una serie di motivi.
Infatti, il bilancio dell’INPS non tiene conto di alcuni fattori fondamentali:
1) I 16,8 milioni di pensionati pagano, sulle loro pensioni, fior di tasse. Circa 42 miliardi di euro. Molte di piu’ degli altri pensionati UE27, a parità di reddito;
2) I 16,6 milioni di pensionati hanno pagato, in 4 anni, ben 9,7 miliardi di euro, per effetto del blocco 2012-2013 e dei nuovi, penalizzanti meccanismi di rivalutazione (Dati CGL-SPI,2015).

LA GIAS

Abbiamo però anche visto che la spesa previdenzio-assistenziale è coperta in parte dalla GIAS, così come è corretto osservare che le entrate contributive dovrebbero ridursi per l’apporto dello Stato alle gestioni dei propri dipendenti.
A questo punto ci si potrebbe chiedere, ai fini della spesa previdenziale stricto sensu: il deficit INPS è diventato un avanzo o comunque è molto inferiore di quanto si voglia far credere?
Non può sottacersi però, che dal 1989 ad oggi si sono registrati saldi negativi (disavanzi) intesi come differenza tra entrate contributive (comprensive dei trasferimenti per coperture figurative, sgravi e agevolazioni contributive e al netto del contributo aggiuntivo a carico dello Stato di cui alla Legge n. 335/1995 destinato al finanziamento delle casse pensioni dei dipendenti pubblici) e spesa pensionistica (al netto della quota GIAS).

E’ pur vero che l’intervento dello Stato (come visto, sia sul lato delle entrate che su quello delle uscite) è presente e questo attenua gli squilibri rilevati in ciascun anno. Tuttavia ai fini di una valutazione di carattere generale non può non tenersi conto dei trasferimenti dalla GIAS che rappresentano l’effetto di un’azione di natura assistenziale a totale carico dello Stato e quindi della fiscalità generale.

In tempi di crisi, cresce la domanda assistenziale pura (povertà,esodati,precariato, supporto alle famiglie soprattutto con molti figli, disoccupazione CIG e non CIG, decontribuzione per i neo-assunti etc), crescono quindi i costi assistenziali e sociali.

CONCLUSIONI

In tempi di crisi, cresce la domanda assistenziale pura (povertà,esodati,precariato, supporto alle famiglie soprattutto con molti figli, disoccupazione CIG e non CIG, decontribuzione per i neo-assunti etc), crescono quindi i costi assistenziali e sociali.
Cresce la spesa assistenziale, mentre quella pensionistica pura presenta un trend diverso, per effetto della legge Fornero. E’ noto come il peggioramento dello stato occupazionale provochi, da un lato, la compressione delle entrate contributive dei dipendenti e, dall’altro,causi l’aumento dei provvedimenti legislativi volti a tutelare le criticità lavorative.
Ma, secondo Noi, dal 2007 al 2014 la GIAS è cresciuta in modo inferiore ai costi socio-assistenziali reali.

Volendo restringere l’indagine al biennio 2012-2013, il perdurare della crisi ha prodotto effetti significativi sia sul versante delle entrate contributive che su quello delle prestazioni rese. Nel primo caso, il rallentamento della crescita dei monti retributivi e reddituali (blocco dei CCNL della dipendenza dal 2009 ad oggi; blocco dell’indennità di vacanza contrattuale…) ha avuto come conseguenza la stagnazione/riduzione delle contribuzioni “obbligate”. In ambito prestazionale, la crisi ha, inoltre, drammaticamente accelerato la revisione dei requisiti pensionistici (età anagrafica e contributiva, Legge Fornero) per l’accesso ai trattamenti previdenziali, con conseguente riduzione dei pensionamenti per i nati post 1952.

Orbene, la netta separazione contabile tra assistenza e previdenza aiuterebbe a “risolvere” il problema?

Si sostiene, nell’ambito dell’impatto dell’assistenza sulla spesa pensionistica, la necessità di operare una diversa attribuzione degli interventi sulla base del sistema di contabilità europeo (SEPROS), poiché allo stato attuale molti interventi “sociali” (i.e. integrazioni e maggiorazioni sociali, assegni familiari e prepensionamenti) vengono imputati alla spesa per pensioni piuttosto che a voci quali “sostegno della famiglia” o “disoccupazione e sostegno del reddito”.

Questa impostazione della spesa porta la UE-27 a valutare che il nostro Paese non intervenga adeguatamente per sostenere le famiglie e che esso spenda moltissimo per le pensioni.
Da ciò, dal “falso inserimento delle voci in bilancio” e dalla “distorta analisi” delle voci di spesa assistenziali italiane, la conseguente “censura sull’Italia” ad opera della UE-27.

Resterebbe comunque il fatto che la fiscalità generale (attraverso i trasferimenti da bilancio dello Stato) dovrebbe farsi carico di quanto il bilancio dell’Inps non riesce a coprire. Verissimo, ma Noi richiediamo che la “spesa assistenziale e sociale” (correttamente individuata e correttamente controllata e ridistribuita) debba essere “coperta e garantita” da tutti i contribuenti, attivi o pensionati che siano, e non solo – come avviene ora- dai soli pensionati!
E’ ciò che ha detto, più volte, la Corte Costituzionale, invano.

Si è anche evidenziato che detti trasferimenti (quale risultante di una lunga attività legislativa che, come detto, ha portato a considerare assistenza tutto quello che la legge pone a carico dello Stato) sono considerati assistenza anche quando tali operazioni dipendono prevalentemente da scelte di opportunità politica e da motivi di riequilibrio dei conti, con la conseguenza che l’assistenza continuerà a figurare nei bilanci dell’INPS in modo sempre più pesante (avvalorando inevitabilmente la tesi di coloro che prevedono scenari molto foschi circa il futuro delle pensioni pubbliche).

In questo contesto, si è – più volte – fatto rilevare che molti oneri assistenziali sono (sarebbero) esclusivamente a carico di particolari categorie (pensionati) ai quali è “richiesto” di contribuire attraverso quello che può definirsi un vero e proprio “contributo di solidarietà”.

E’ certamente meritevole di censura un trasferimento di risorse attuato prelevando “direttamente” gli importi dalle pensioni erogate, ma sarebbe altresì necessario verificare preliminarmente se le “trattenute” operate debbano comunque essere classificate (seppure artificiosamente?!) tra le entrate della fiscalità generale con successivo trasferimento dal bilancio dello Stato all’INPS.

Ancora una volta, con quale fine: assistenziale o previdenziale ? Erga omnes o erga “paucos”?
Ma, per ora, “De hoc, satis”. Con l’impegno di riprendere il tema in un prossimo futuro.

Testo a cura di Cristiano Giovannetti e Stefano Biasioli


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