Negli autobus, nei supermercati e a cena, almeno nelle famiglie normali, non si discute di Italicum. Anzi, pochi – per non dire nessuno – sa cosa sia ‘sto Italicum. A parte, ovviamente, i telegiornalisti che da mesi ne parlano come se fosse la priorità per gli italiani.
Ma ora pare proprio che la maggioranza, o meglio il premier Matteo Renzi, voglia dare una bella accelerata alla faccenda, ovvero alla nuova legge elettorale.
Materia noiosissima, riconosciamolo. E lo dice uno, come il sottoscritto, che in gioventù si sciroppava con morbosa avidità pezzi, commenti, analisi e comparazioni dei sistemi elettorali che i grandi giornali proponevano già negli anni Novanta.
Quegli stessi giornaloni che da decenni invocano in sostanza: prima del voto si deve sapere chi sarà il premier in caso di vittoria; alla fine delle elezioni deve essere chiaro chi vince e chi perde; basta con le eterogenee coalizioni di governo composte sovente da partitini.
E’ una semplificazione, ma la sintesi del comune sentire da anni è più o meno questa e questi concetti sono stati tambureggiati per anni dalla maggioranza di editorialisti e commentatori.
Quel sentire comune viene ora messo nero su bianco dall’Italicum renziano, che era pure berlusconiano quando era in vigore il Patto del Nazareno, poi rottamato da Berlusconi.
Infatti la nuova legge elettorale che inizia oggi la discussione finale alla Camera, e che tanto fa imbestialire la sinistra Pd (qui una utile ricognizione del collega Edoardo Petti), all’incirca realizza gli auspici suddetti: premio di maggioranza per il partito vincente; dunque niente coalizioni di governo raccogliticce; chiarezza su chi sarà il premier a urne chiuse.
Stamattina, invece, leggendo non ricordo più quale quotidiano c’erano scritte – non su un organo della sinistra Pd né della coalizione sociale agognata da Maurizio Landini – queste critiche, se ben rammento:
Il premio di maggioranza non esiste in nessuna delle grandi democrazie europee con l’eccezione della Grecia
L’Italicum introduce di fatto l’elezione diretta del capo del governo senza dargliene i poteri e senza prevedere i contrappesi che esistono nei sistemi presidenziali.
Per di più, non prevedendo la possibilità di apparentamenti al secondo turno come invece è nelle città italiane e nel Parlamento francese, assegna il 55% dei seggi a uno solo e il restante da dividere tra tutti gli altri, che a questo punto saranno molti visto che lo sbarramento è al 3%.
D’accordo, tutti gli addetti ai lavori che si nutrono di pane e legge elettorale hanno il loro modellino preferito di voto. Ma la politica è il regno dell’imperfezione e a volte pure i giornaloni propongono delle capriole come editoriali.