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Libia, perché il negoziato dell’Onu si è arenato (di nuovo)

Il caos libico non arresta a fermarsi. I barconi verso le coste italiane partono sempre più copiosi e dopo i morti di queste settimane, ci si trova di fronte ad altre giornate nere per il prosieguo delle trattative di pacificazione nazionale condotte dall’inviato speciale dell’Onu nel Paese, Bernardino Leon. Il governo di Tripoli ha infatti rifiutato il documento proposto alle fazioni e ora, per il diplomatico, la strada torna in salita.

Nel frattempo, l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, sta conducendo una serie di incontri alle Nazioni Unite a New York, tra i quali uno con il capo della diplomazia Usa, John Kerry. L’obiettivo è dare una risposta internazionale al problema del traffico di esseri umani nel Mediterraneo, che si riversano sulle sponde italiane partendo proprio dal Paese nordafricano.

LA BOCCIATURA

Per Leon, si tratta di nuova doccia fredda: il ritorno alla normalità – o a qualcosa di simile – che sembrava ormai questione di ore, dovrà invece attendere.
La fazione in cui sono in maggioranza i gruppi islamisti, il General National Congress (ovvero il parlamento di Tripoli) ha annunciato di aver respinto “completamente e all’unanimità” la bozza di accordo elaborata in maniera “sbilanciata” dall’inviato dell’Onu.
La proposta, hanno riportato fonti d’agenzia, “non risponde in nulla alle aspirazioni della Rivoluzione”, ha detto Makhzoum, sostenendo che il dialogo messo in piedi dalle Nazioni Unite avrebbe come unico “scopo quello di guadagnar tempo per aiutare il golpe” del capo delle forze armate di Tobruk, Khalifa Haftar, a consolidarsi “in uno statu quo”.
In verità le trattative sono in una fase delicata ma comunque avanzatissima e fonti vicine a Tripoli hanno precisato all’Ansa che il vero motivo del malcontento sarebbe in uno specifico aspetto dell’intesa proposta da Leon, ovvero il prolungamento di due anni del mandato del parlamento di Tobruk.

IL DOCUMENTO

Domenica – scriveva l’altro ieri Vincenzo Nigro su Repubblica – il diplomatico aveva “distribuito ai negoziatori libici la bozza definitiva dell’Accordo Politico per la Libia” che dovrebbe dare alla Libia nuove istituzioni condivise. L’intesa proposta dall’Onu in 16 pagine confermava “la creazione di un “Consiglio Presidenziale” composto da primo ministro, dai due vice-premier che faranno parte del governo e da altri due ministri. Il Consiglio…” avrebbe preso “le sue decisioni solo” con l’unanimità “fra il presidente e i due vice-premier, ma” avrebbe avuto “poteri abbastanza forti, come quello di selezione, di revoca e di sostituzione degli altri ministri che faranno parte del governo “normale””. La sede scelta era “a Tripoli, «la capitale»”, ma avrebbe potuto lavorare “anche dalle altre città libiche” tenendo conto “dei fattori geografici e culturali nella scelta dei ministri”. L’articolo 8 specificava “che il presidente sarà anche il Capo dello Stato, mentre i 3 del Consiglio presidenziale saranno il Comandante Supremo delle forze armate; non un comandante “individuale”, quindi, ma anche in questo caso un ufficio condiviso fra più leader politici. Il Consiglio Presidenziale” avrebbe nominato e sostituito “i capi delle forze armate, dell’intelligence, gli ambasciatori e i massimi dirigenti dello Stato, con l’eccezione del governatore della Banca di Libia e di altri funzionari di controllo finanziario”, nominati “con 2/3 dei voti del Parlamento libico… riconosciuto nella “House of Rapresentatives che oggi si riunisce a Tobruk”.

L’ATTIVISMO DEL CAIRO

Nel frattempo l’Egitto, che sostiene Tobruk, sta ammassando forze di terra e aeree nel deserto lungo il confine con la Libia, in vista di un’offensiva militare contro i jihadisti dello Stato islamico. Secondo Debka Files, il presidente Abdel Fattah al Sisi avrebbe discusso l’operazione con il capo della Cia, John Brennan, il 19 aprile scorso. Brennan avrebbe però espresso le obiezioni dell’amministrazione Obama a un’invasione egiziana in Libia, anche se per contrastare i drappi neri, sostenendo la necessità di ricorrere alle milizie già attive sul terreno e sollecitando maggiore collaborazione con il generale Khalifa Haftar, nominato il 2 marzo scorso dal governo di Tobruk comandante in capo dell’esercito libico. E ieri, all’indomani dell’incontro con il segretario generale delle Nazioni Unite (che ha bocciato l’affondamento dei barconi), il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ha avuto in mattinata una conversazione telefonica proprio con al-Sisi. Oggetto: la situazione del Mediterraneo con particolare riferimento ai destini di Tripoli.

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