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Tutti i dossier militari tra Obama e Renzi

Non è la prima volta che Matteo Renzi si reca a Washington: c’era già stato da sindaco di Firenze ed anche, recentemente, da presidente del Consiglio nel corso di un tour industriale. Ma questa volta è diverso. In termini di modalità, di significato e, presumibilmente, anche di conseguenze. È una visita di Stato, dove potrebbero essergli richiesti in modo non eludibile punti di vista ufficiali (leggi “intendimenti ed obiettivi”) sui temi internazionali che più stanno a cuore al presidente americano Barack Obama.

Il nostro premier è un “animale politico” perfetto, molto abile nel disimpegnarsi nelle situazioni più disparate (lo dimostra ogni giorno), ma di fronte al capo di Stato Usa (che sinora ha messo in luce un’abilità anche superiore alla sua) potrebbero non esserci molti spazi per slalom, piroette o affermazioni di maniera. Anche caratterialmente, l’americano è contenuto nei modi e messianico assertore di verità universali, con atteggiamenti liberal-chic della più squisita fattura.

Renzi, al contrario, dovrà esercitare molto autocontrollo per frenare quell’esuberanza compagnona che, proprio a Washington, era stata di ben poca rendita all’allora premier Silvio Berlusconi. Insomma, i motivi per cui questa visita potrebbe andare decisamente bene o decisamente male sono più d’uno. In una visita di Stato, un minimo di compostezza è fortemente richiesto. C’è poi il tema dell’affidabilità del nostro Paese (oggi messa in dubbio per vari motivi), che diplomaticamente non può certo trovar posto in agenda, ma che va dimostrata con fatti e provvedimenti. Carta canta, le chiacchiere stanno a zero.

Al di là dei temi economici, sempre sul tappeto, è su quelli internazionali e di politica militare che molti nodi potrebbero venire al pettine, ed è proprio qui che riuscire a disimpegnarsi (prima) e ad apparire affidabili (poi) potrebbe non risultare impresa molto agevole. L’ottica con cui Obama ci osserva è quella americana, non certo quella europea, dove alcune realtà appaiono diverse. Spiegarlo è difficile, visto che in politica estera l’allineamento con gli Usa in un atteggiamento comune nei confronti della Russia non risponderebbe ad esigenze che, indubbiamente, a volte possono viaggiare in direzione opposta.

Certamente Obama sarà curioso di conoscere nel dettaglio le reciproche promesse intercorse nell’ultima visita di Renzi a Putin. Sarà sufficiente cercare di spiegare che non stiamo affatto tutelando i nostri interessi (a discapito di quelli americani), ma stiamo facendo del nostro meglio – nel nostro eterno ed auto-conferito ruolo di mediatori – per mantenere aperto un dialogo? Obama ci crederà? Idem per Medioriente, Libia e Stato Islamico. Ci è “scappato” un frettoloso annuncio di voler guidare una coalizione per pacificare e di rendere disponibili 5 mila soldati. Per fare cosa? Obama potrebbe chiederlo.

E l’incremento del bilancio della Difesa al 2 per cento del Pil, sottoscritto al vertice Nato di South Wales, abbiamo davvero intenzione di conseguirlo? Terreno sdrucciolevole. Vedasi F-35, ed altri programmi sensibili. E il contributo per il controllo del Mediterraneo lo stiamo dando lasciando per mesi il Muos (comunicazioni satellitari) in mano al Tar siciliano? Obama qualche obiezione potrebbe anche farla. Ma forse (noi non lo sappiamo) le risposte a questi quesiti sono già ben formulate tra i capitoli del fantomatico Libro Bianco, cui da tempo viene puntualmente subordinata ogni decisione politica-militare.

Finalmente, il 21 aprile verrà presentato al Consiglio Supremo di Difesa, per poi passare in Parlamento. Che sia il caso di uscire dalle ambasce anticipando a Obama qualche capitoletto? Potrebbe essere una buona idea.


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