Skip to main content

Pensioni Inps, lettera aperta a governo, Parlamento e cittadini

Riceviamo e pubblichiamo

Pensiamo che non sia condivisibile mantenere pensioni di 91.000 euro al mese, né vitalizi di 30.000 euro mensili, (sommati a quelli di identico importo del coniuge onorevole, di altrettanta consistenza): questo perché in 25 anni di legislatura si sono sommati i “vitalizi”, (uno per ogni 5 anni di legislatura anche in Europa).

Prendiamo atto che il Consigliere economico di Renzi, Prof. Yoram Gutgeld ha dichiarato: “abbiamo affrontato questo discorso già l’anno scorso e la decisione politica è stata di non toccarle”  (si parla di pensioni n.d.r.).

Non condividiamo, invece, che una busta arancione venga inviata periodicamente dall’INPS al personale in servizio e contenga previsioni sull’assegno pensionistico dei lavoratori, in quanto non è possibile una previsione a futura memoria di un trattamento pensionistico in un Paese, in cui è incerto soprattutto il mantenimento del posto di lavoro: il surrettizio invito di sottoscrivere polizze per pensioni integrative è, poi, irricevibile, nel senso che bassi salari non possono sopportare altri balzelli, oltre le imposte a tasse già pagate (per chi le paga!).

Sembrerebbe una sfida inaccettabile da parte di chi non guadagna 100, 200, 300 mila euro all’anno, (con prospettive di una pensione dignitosa) a cui corrispondono, peraltro, 30, 40, 70 mila euro di contributi pagati al fondo pensioni, per costituirsi una pensione di “platino” da parte degli attuali quarantenni “rottamatori” dei colleghi dirigenti, in pensione.

La pensione-vitalizio “onorevole” del tipo indicato nelle premesse, risulta fuori dalla realtà anche perché a carico di fondi ricchi, come quelli, ad esempio, da cui riscuotono i parlamentari i vitalizi: i 60.000 euro pagati per i contributi pensionistici in 5 anni, sono “incompatibili” economicamente con il milione circa di euro che riscuotono i parlamentari una volta in pensione.

La “lettera scarlatta” di “preavviso pensionistico” trova giustificazione in Svezia, madre di un welfare che non ha niente di comune con l’Italia, perché in quella Nazione, ai pensionati si trasmettono sempre “buone notizie” e ciò è stridente con l’Italia, Paese in cui si pagano i contributi più alti del mondo (il 30% sulle retribuzioni lorde) e i pensionati  pagano ulteriori balzelli in materia di tassazione molto più elevati che in ogni altro Paese. In alcuni Paesi gli assegni pensionistici sono “esentasse” e i parlamentari in servizio e in pensione  non hanno sia sull’appannaggio parlamentare che sui vitalizi le agevolazioni fiscali dei “nostri” politici.

Sarebbe possibile finanche che sorgano opportune iniziative di pensionati, che potrebbero vedere nella “lettera scarlatta” un tentativo di “aggiotaggio e di insider trading”, perché, non dimentichiamolo, molti Fondi pensione sono quotati in borsa.

La strada da imboccare.

 E’ quella di separare la previdenza dall’assistenza, in un bilancio, come quello dell’INPS in cui tale “commistione” è evidente per una sorta di “autorizzazione politica” (leggi dello Stato), che rende possibile il “falso in bilancio” che Governo e  Parlamento vorrebbero combattere.

Perché occorre separare l’assistenza dalla previdenza?

Per evitare che chi non ha pagato contributi pensionistici, avendo sempre lavorato in nero (e ce ne sono tanti), sia legittimato a chiedere altri privilegi, oltre la pensione sociale.

Il reddito di cittadinanza?

La Thatcher lo abolì perché si accorse che molti “fannulloni”, anche italiani e figli di benestanti radicali-chic ne usufruivano, perfezionandosi, così, gratis nella lingua inglese e vivendo a Londra a carico dei londinesi.

E perché non pensioni di cittadinanza e casa di cittadinanza, occupando le varie ville sfitte per tutto l’anno, appartenenti a politici imprenditori e via dicendo?

L’assistenza, in un Paese civile deve essere a carico della fiscalità generale è pare cosa impossibile in Italia, dove gli evasori sono ben conosciuti dal fisco, ma Governo e Parlamento, per ragioni elettorali, sono decisi a non scoprirli.

I quattro miliardi che servono a Boeri? Possono diventare otto o sedici: basta confrontare questa tabella.

 Arcangelo D’Ambrosio, segretario generale DIRSTAT

(Leggi qui la soluzione al problema nell’equazione fisco-reddito-pensioni)

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter