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Mps e Bpm, perché pure Poste Italiane vuole avere un’Anima

Il settore recapiti pesa su margini e utile nel bilancio 2014 del gruppo Poste Italiane. E questo perché cittadini e imprese usano sempre meno la corrispondenza, dice da tempo l’amministratore delegato del gruppo, Francesco Caio.

E la finanza? Se il settore dei recapiti è da riformare, così imbrigliato tra l’esame dell’Agcom e i rilievi di Bruxelles, per non parlare dei Tar che s’intrufolano indirettamente nel piano industriale, quello dei servizi finanziari non mostra ancora rilevanti incrementi.

E l’acquisizione annunciata ieri sera da parte di Poste Italiane del 10,3% di Anima Holding detenuto da Banca Monte dei Paschi di Siena, va inquadrata – secondo gli osservatori del settore – nello sforzo del gruppo presieduto da Luisa Todini di evolversi nei servizi finanziari.

L’ACCORDO

Il controvalore complessivo dell’operazione è di 6,967 euro per azione. Il corrispettivo è pari a 6,80 euro per ciascuna azione, per un totale di 210 milioni, a cui si aggiunge il dividendo per l’esercizio 2014 che sarà attribuito a Mps (0,167 per azione, 5,2 milioni in totale).
Il gruppo Poste sottolinea in una nota che è stato previsto un meccanismo di aggiustamento del prezzo di cessione a favore di Poste nel caso il prezzo delle azioni Anima scendesse sotto una certa soglia nei prossimi mesi.

IL GRUPPO ANIMA

Operatore indipendente dell’industria del risparmio gestito, con un patrimonio complessivo di 61 miliardi di euro in gestione, più di 100 partner distributivi e circa 1 milione di clienti, il gruppo Anima articola la propria offerta in fondi comuni di diritto italiano e Sicav (società di investimento a capitale variabile) di diritto estero. Opera anche nel campo della previdenza complementare per aziende e privati, e in quello delle gestioni patrimoniali e istituzionali.

Il primo azionista di Anima è oggi Banca Popolare di Milano col 16,849% delle quote, seguita da Poste (10,3%) e dai fondi Wellington Management Group (8,103%) e Aviva Investors (5,14%). Il 2,769% delle quote è invece in mano al gruppo Creval.

I NUMERI DEI SERVIZI FINANZIARI

“L’acquisizione”, ha commentato l’ad di Poste, “ha una forte valenza industriale e conferma l’impegno nel settore del risparmio gestito”.
Da qualche anno Poste ha infatti affiancato a lettere e pacchi, tutta una gamma di servizi e prodotti finanziari. Definito da Caio come “uno dei pilastri strategici del piano industriale del gruppo”, il settore del risparmio gestito, dati alla mano, ha contribuito però ancora poco a risollevare le sorti di Poste italiane.

Secondo i dati pubblicati sul Documento di informazione finanziaria annuale 2014 del gruppo controllato dal Tesoro, il settore dei servizi finanziari presenta ricavi totali in leggera flessione (-0,6%) rispetto ai risultati conseguiti nel 2013 (5.358 milioni di euro nel 2014, 5.390 milioni di euro nel 2013).
Se ai ricavi si aggiungono anche i proventi e i premi assicurativi, la variazione percentuale con l’anno 2013 raggiunge invece il 2,3% (5.068 milioni di euro nel 2013 e 4.950 milioni di euro nel 2014).

LE PERFORMANCE DEI SERVIZI BANCOPOSTA

In leggero arretramento (-1,8%) sono anche i servizi Bancoposta di Poste Spa, che nel 2014 hanno contribuito alla formazione dei ricavi per 5.228 milioni di euro (5.326 milioni di euro nel 2013).
La flessione – si legge nella relazione di Poste – è dovuta “sia della contrazione del rendimento degli impieghi derivanti dalla raccolta da clientela pubblica investita presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sia da minori commissioni da accettazione bollettini in virtù della diminuzione del numero dei bollettini accettati”.

Nel dettaglio, continua il report finanziario del gruppo Poste sui conti del 2014 parlando di BancoPosta, “il margine di interesse si attesta a 1.539 milioni di euro (1.524 milioni di euro nell’esercizio precedente) e rappresenta il saldo tra gli interessi attivi derivanti principalmente dal rendimento degli impieghi fruttiferi in Titoli di Stato e depositi presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), per 1.662 milioni di euro (1.751 milioni di euro nel 2013) e gli interessi passivi che ammontano a 123 milioni di euro (227 milioni di euro nell’esercizio precedente)”.

Il Margine di intermediazione si attesta invece a 5.434 milioni di euro (5.354 milioni al 31 dicembre 2013) e beneficia, “oltre che del saldo netto positivo tra il margine di interesse e le commissioni nette, del risultato dell’attività di negoziazione per circa 2 milioni di euro e dell’utile da cessione di attività finanziarie disponibili per la vendita (AFS) per 381 milioni di euro (287 milioni al 31 dicembre 2013)”.


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