Gli sforzi per invertire la rotta di Poste italiane si concretizzeranno con una serie di tagli, chiusure e razionalizzazioni, oltre che di investimenti nei settori a più alta redditività. Sempre che Agcom, Commissione europea, sindaci e Tar non rivedano i progetti dell’amministratore delegato, Francesco Caio, che ha messo a punto il piano industriale 2015-2019, approvato dal consiglio di amministrazione del gruppo a dicembre dello scorso anno.
In ballo c’è il processo si privatizzazione annunciato per la fine dell’anno e slittato al 2015 secondo il Def (documento di economia e finanza); operazione sulla quale rischia di pesare la forte contrazione dei livelli di reddito messi in luce il mese scorso dalla Relazione Finanziaria annuale al 31 dicembre 2014.
IL PIANO INDUSTRIALE FRA AGCOM E BRUXELLES
Il 27 marzo scorso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha richiesto a Poste alcune modifiche per il varo del piano per il quale l’Autorità ha deliberato l’avvio di due consultazioni pubbliche: una sulle nuove modalità di recapito degli invii postali a giorni alterni, l’altra sulle tariffe e gli standard di qualità del servizio universale di corrispondenza.
La possibilità prevista dal piano che la posta venga consegnata a giorni alterni sul 25% del territorio nazionale ha preoccupato anche Bruxelles. La Commissione europea è intervenuta con una lettera indirizzata all’Agcom per “garantire il diritto alla comunicazione tra cittadini e per assicurare la coesione sociale e territoriale in tutti i paesi dell’Unione”. Un obbligo, insomma, al quale Poste può venir meno solo “in circostanze o situazioni geografiche eccezionali”, ha ricordato la Commissione chiedendo all’Agcom “una valutazione più dettagliata delle circostanze che potrebbero giustificare queste eccezioni”.
IL CANTIERE DELLA PRIVATIZZAZIONE
Con il varo del nuovo documento di economia e finanza (Def) che il Consiglio dei Ministri approverà oggi, torna a galla il dossier privatizzazioni, seppur con alcune novità. La “realizzazione della cessione di quote di Poste ed Enav avverrà nel 2015, con uno slittamento” rispetto al 2014 “a motivo sia del cambio del management, sia della complessità delle operazioni medesime”, si legge nella bozza del Def.
Il processo di privatizzazione annunciato dal governo per le Poste Italiane prevede la cessione fino al 40% delle azioni, oggi al 100% del ministero dell’Economia.
Per salvare l’ipo e dunque lo sbarco in Borsa, Caio, che ha preso il comando di Poste a maggio, ha dovuto ripensare il servizio universale chiedendo agli azionisti, alle autorità di controllo Antitrust, Agcom e ai ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, di fissare una linea comune e rimarcando l’insufficienza delle risorse pubbliche per il servizio universale, scese da 350 milioni a 262,4 milioni.
LA GUERRA DEI TAR
Ma è concesso ad un manager realizzare il proprio piano industriale? “Protestano i politici, i sindacati, i Comuni e le Regioni, arrivano le interrogazioni parlamentari, i social network si riempiono di frasi incandescenti e, dulcis in fundo, arrivano i tribunali amministrativi a bloccare il piano. Il manager è cornuto e mazziato”, ha scritto Giorgio Ponziano su Italia Oggi.
Ecco cosa è accaduto dall’approvazione del piano: “I giudici sono arrivati a sentenziare quali uffici possono essere chiusi e quali no. Come se toccasse alla magistratura e non al manager proporre e realizzare il piano aziendale”, ha spiegato Ponziano.
Dopo l’opposizione del sindaco di un piccolo Comune del salernitano alla chiusura di un ufficio postale, il Consiglio di Stato ha deciso che Caio non può deliberare la chiusura degli uffici postali senza che tale scelta venga adeguatamente motivata.
Sulla questione è intervenuto anche il Tar del Lazio sancendo l’illegittimità del piano “basato sulla redditività a scapito degli interessi degli utenti”. E la rivolta dei sindaci contro l’ad di Poste ha abbracciato anche la Toscana, dove la Regione e l’Anci-Toscana hanno deciso di ricorrere al Tar.
I NUMERI DEL 2014
Il 2014 è stato un anno di importante transizione per Poste Italiane, hanno detto i vertici del gruppo, che ha chiuso il bilancio 2014 con ricavi da 29 miliardi, in aumento rispetto al 2013, quando tale valore si è attestato a 26 miliardi.
Secondo i dati consolidati che si rilevano dalla Relazione finanziaria 2014, il risultato operativo, 691 milioni (1.400 nel 2013), ha risentito della riduzione dei volumi della corrispondenza e dei maggiori oneri straordinari (pari a 242 milioni) per la trasformazione, prevista dal piano industriale in vista della prossima quotazione.
Il gruppo presieduto da Luisa Todini ha realizzato profitti netti per 212 milioni (1.005 milioni l’anno precedente). Il crollo del 79 per cento dell’utile netto di Poste è imputabile – ha spiegato il gruppo – alla svalutazione della quota detenuta in Alitalia e alla maggiore pressione fiscale.
Il Gruppo ha confermato risultati positivi nella raccolta del risparmio e dei premi assicurativi. In crescita invece la redditività dei servizi finanziari, alla quale si oppone la flessione dei servizi postali tradizionali: “Il settore postale, si legge in una nota del gruppo – su cui gravano gli obblighi del Servizio Universale, in un contesto di mercato penalizzato dalla flessione della domanda, registra una riduzione dei volumi che ha generato una forte contrazione dei livelli di reddito”.
A crescere sono stati anche i ricavi del Corriere Espresso e Pacchi da 123 a 140 milioni (+13,8% a livello di capogruppo) grazie alla progressiva diffusione dell’ e-commerce.
LA MAPPA DELLE CONTROLLATE. CHI PERDE E CHI GUADAGNA
Poste Vita si conferma uno dei business più fruttuosi del gruppo Poste. La società attiva nel settore assicurativo ha realizzato una raccolta premi di 15,5 miliardi (13,2 nel 2013).
Ma quali sono i settori che richiedono un intervento urgente (leggi qui i dati patrimoniali delle principali società del Gruppo)? Posteshop, 220 punti vendita su tutto il territorio nazionale che operano all’interno dei principali uffici postali e con l’e-commerce, ha registrato una perdita di 12,5 milioni dopo il pareggio del 2013.
Seppur in recupero rispetto al rosso di 7,4 milioni dell’anno precedente, la compagnia aerea Mistral Air, nel 2014 ha perso ancora 2,5 milioni.
Sda Express Courier, la società del gruppo Poste Italiane deputata anche alla consegna dei pacchi, è passata da un rosso di 20,4 milioni del 2013 ai 21,2 milioni del 2004. E non naviga in acque migliori Italia Logistica, la società controllata da Sda, che ha chiuso il 2014 con un risultato in rosso per 5,4 milioni e un patrimonio netto negativo per 4,1 milioni.
In perdita anche Postecom, la società “digitale” del Gruppo Poste Italiane che nel 2014 ha registrato un calo netto di un milione di euro.