Dal Veneto alla Puglia, non c’è regione al voto il 31 maggio nella quale il centrodestra non sia diviso. Il record però lo detiene la Toscana dove potrebbero essere tre se non addirittura quattro i candidati. Enrico Rossi, governatore uscente e ricandidato col Pd, trasuda tranquillità da tutti i pori; il suo unico avversario è la soglia del 40% da superare per evitare il ballottaggio. E se Rossi ha già la vittoria in tasca, Giacomo Gennarelli del Movimento 5 Stelle confida in un altro colpaccio: quello di piazzarsi secondo.
IL MANCATO ACCORDO TRA FORZA ITALIA E LEGA
Per Berlusconi quella in Toscana è una sfida persa in partenza e quindi non degna di un suo particolare interesse. Un po’ come in Emilia-Romagna, dove ha rinunciato al candidato lasciandolo alla Lega Nord. Dall’accordo stipulato con Salvini è infatti esclusa la regione del premier Renzi. Il motivo? Lì per il Carroccio è già in campo da tempo l’economista no euro Claudio Borghi Aquilini, che ha già raccolto le firme necessarie. Si tratta di un nome dal forte impatto mediatico, calato direttamente da Milano per imprimere un carattere nazionale a questa sfida, una personalità politicamente più ingombrante di quella di Edoardo Rixi, il salviniano sacrificato in Liguria (regione ritenuta più contendibile) sull’altare dell’accordo tra Lega e Forza Italia per candidare il consigliere berlusconiano Giovanni Toti.
CARROCCIO E FRATELLI D’ITALIA, PROVE (DIFFICILI) DI INTESA
La Lega quindi tira dritto con Borghi. E questa, a meno di due mesi dal voto, è l’unica certezza nel centrodestra toscano. Nella sua strategia, il Carroccio vuole coinvolgere anche Fratelli d’Italia, in campo da settimane con il consigliere regionale Giovanni Donzelli, candidato governatore pure lui. E’ stato uno dei primi a scoperchiare certe pentole sulle vicende della Chil Post di babbo Tiziano Renzi, guadagnandosi così una certa notorietà. E data la vicinanza tra Salvini e Giorgia Meloni, c’è chi confida in un accordo finale, anche perché se dovesse correre in solitaria Fdi faticherebbe a raggiungere il quorum del 5%, mentre il 3% previsto per le liste alleate sarebbe maggiormente alla sua portata.
I FITTIANI GUARDANO A BORGHI
Forza Italia in Toscana è divisa almeno in tre parti. Una di queste è rappresentata da Maurizio Bianconi, il deputato aretino ed ex tesoriere del Pdl da tempo avvicinatosi alle posizioni del ribelle Fitto in polemica con la linea del Patto del Nazareno (e quindi filorenziana) portata avanti da un altro toscano doc come Denis Verdini. “Nella nostra regione non esiste Forza Italia, esiste Forza Renzi – taglia corto Bianconi parlando con Formiche.net -. L’accordo tra Verdini e il premier qui è operativo e gestito al cento per cento dal coordinatore regionale del partito Massimo Parisi, e a questo si è adeguato anche Matteoli. Qui sono diventati tutti renziani”. Il vulcanico deputato fittiano si dice invece “contrarissimo al Forza Renzi, per questo mi hanno fatto fuori” e adesso è pronto a sostenere “in qualche modo” Lega e Fratelli d’Italia, confidando in una loro corsa unitaria. “Gli ho detto che se non si alleano con Forza Renzi, io li sostengo e dirò di votare per loro”.
IL RESTO DI FI: DIVISA TRA VERDINIANI E LA BERGAMINI
Il controllo di Fi in Toscana è ancora saldamente in mano a Verdini, nonostante le sue quotazioni tra Arcore e Palazzo Grazioli siano calate negli ultimi tempi per via del cerchio magico. E sono proprio i nuovi fedelissimi berlusconiani Toti e Deborah Bergamini a contendergli lo scettro a Firenze e dintorni. Il primo, però, pur essendo di Massa Carrara si sta reinventando ligure ed è stato candidato a Genova; la seconda invece, viareggina, per mettersi in pista come sfidante di Rossi in Toscana avrebbe preteso l’azzeramento del vertice regionale rappresentato dal verdiniano Parisi. Cosa che non è avvenuta. Morale della favola, la stampa locale sfoglia la margherita dei papabili forzisti elencando i consiglieri regionali (verdiniani) Tommaso Villa e Stefano Mugnai, oppure l’ex candidato sindaco a Firenze e ora capogruppo a Palazzo Vecchio Marco Stella, il quale però non ha un buon biglietto da visita con quel misero 12% raccolto un anno fa contro il renziano Dario Nardella e un ancora peggiore 9,8% di Fi. Circola pure il nome di Giorgio Silli, ex assessore a Prato, responsabile nazionale di immigrazione di Fi e sostenuto dall’ex sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo.
AREA POPOLARE VERSO LA CORSA SOLITARIA
In questa confusione, Area Popolare potrebbe fare da sé. D’altronde, un proprio candidato Ncd e Udc ce l’hanno già. E’ Giovanni Lamioni, presidente della Camera di commercio di Grosseto e vicepresidente nazionale di Unioncamere, presentato in un primo momento alcuni mesi fa come candidato condiviso con l’area verdiniana di Fi. Il duo Toti-Bergamini però non ne vuole sapere di sostenerlo (e nemmeno Bianconi), così Lamioni – che vanta un filo diretto con Gianni Letta – ha confidato qualche giorno fa al Corriere Fiorentino di essere pronto a correre da solo senza dover aspettare le segreterie dei partiti. Ci penserà durante le vacanze pasquali.