L’avvicinarsi delle elezioni regionali e locali sta ponendo con evidenza crescente una questione politica di grande rilievo sia per il Partito democratico (molto diverso da regione a regione e da città a città), sia per una attualmente impossibile alternativa a Matteo Renzi (basti considerare la vicenda che caratterizza il rapporto tra Matteo Salvini e Angelino Alfano).
Ma non si tratta soltanto di una vicenda locale concernente il Pd da un lato e quel che fu il Centrodestra dall’altro. Si tratta infatti di un rapporto che è opportuno esaminare per ora dal punto di vista di Renzi, perché oggi è soltanto il premier a dibattersi tra partito e governo.
Per quel che concerne un’alternativa politica a Renzi, sarà opportuno invece continuare a occuparsene prossimamente.
Per quel che riguarda Renzi, pertanto, l’alternativa è sostanzialmente conseguente alla estrema difficoltà di combinare la vocazione maggioritaria del partito da un lato e la perdurante necessità di coalizione dall’altro.
La vocazione maggioritaria renziana tende sostanzialmente ad affermare che qualunque minoranza interna di un partito a vocazione maggioritaria debba comunque adeguarsi alle decisioni della maggioranza interna, assunte in sede di partito.
Questa idea di vocazione maggioritaria trova infatti la sua clamorosa consacrazione proprio nella formula attuale del cosiddetto Italicum che prevede infatti un consistente “premio” in termini di seggi parlamentari necessari per formare una autosufficiente maggioranza politica.
Non si tratta pertanto soltanto o prevalentemente della quantità di parlamentari per così dire “nominati”, quanto del fatto che la legge elettorale è congegnata in modo da rendere autonomo il partito che ottiene il premio di maggioranza da qualunque altro partito, anche se quest’ultimo appartenga ad uno stesso campo politico-sociale.
Questa idea di partito vive in modo quasi esclusivo al momento delle elezioni come avviene nella logica di un vero e proprio comitato elettorale e non più in una lunga e complessa stagione politico-istituzionale che vede contemporaneamente in gioco il centro e la periferia.
Essa pertanto è per sua natura destinata a scontrarsi sempre più proprio con le molte variegate realtà locali che esprimono invece un’idea di vita che va anche al di là delle specifiche elezioni locali, regionali o nazionali.
Si tratta pertanto di un’idea di partito che chiama Matteo Renzi a una prova molto diversa da quella del comitato elettorale nazionale, alla quale sembra invece ispirarsi l’idea di vocazione maggioritaria che viene vissuta significativamente nel contesto elettorale nazionale.
Nel contesto del partito a vocazione maggioritaria risiede anche una qualche idea di ministri necessariamente monocolore anche senza giungere all’idea – che traspare invece anche da recentissime vicende politiche – che i ministri siano sostanzialmente degli assessori comunali, scelti pertanto gli uni dal presidente del Consiglio e gli altri dal sindaco.
Questa vocazione maggioritaria incontra non soltanto la variegata e complicata vicenda regionale e locale in corso ma anche l’attuale complessa vicenda di un governo di coalizione.
Questo viene infatti considerato come soluzione transitoria dovuta alla ricerca di soluzioni istituzionali e politiche concordate anche da chi sostiene soluzioni molto diverse da quelle originariamente immaginate da un partito per l’appunto a vocazione maggioritaria.
Questa infatti richiederebbe un completamento sostanzialmente monocolore del partito e del governo: nel partito la regola consisterebbe per l’appunto nel dovere della minoranza di accettare le decisioni della maggioranza, nel governo invece la soluzione dovrebbe essere quella del governo monocolore.
Queste appaiono le due maggiori contraddizioni di fronte alle quali si sta trovando Renzi e non è in alcun modo detto che la risposta a esse finisca con il coincidere con una lunga vita del governo medesimo.