Le polemiche sul tesoretto hanno stufato. Hanno stufato sia perché non c’è alcun tesoretto sia perché molti dei criticoni attuali sono gli stessi che stimmatizzavano la triste austerità del governo Monti e la malinconica flemma dell’esecutivo Letta.
Avete voluto l’attivismo baldanzoso di Matteo Renzi? E ora non ci si meravigli troppo se da Palazzo Chigi qualcuno cerca di infondere un po’ di ottimismo, insufflando l’idea che per uno scostamento dello 0,1 per cento tra deficit programmato e quello tendenziale ci possano essere a disposizione 1,6 miliardi di euro pronta cassa. Come detto in tempi non sospetti da Formiche.net, a partire da Stefano Cingolani, il tesoretto non c’è. Non solo: i vincoli della finanza pubblica e l’asfitticità della ripresa non consentono voli pindarici, a meno di maxi manovre choc più facili a dirsi che a farsi (a parte quelle che farebbero stramazzare definitivamente l’Italia come l’imposta da 10 miliardi sui patrimoni ri-proposta oggi dalla Cgil).
Qui non si sono lesinati garbati rabbuffi al premier affabulatore, ma di questi tempi è lo stesso circo mediatico che esige spesso interventi e messaggi rassicuranti del governo, e il primo ministro non esita a farlo. Così oggi a Milano, per commemorare i morti nella strage al Palazzo di Giustizia, Renzi ad esempio ha risolto la questione dicendo “no alla diffusione delle armi”. Titolo assicurato su tutti i siti e in tutti i Tg, e avanti con un altro dossier da sbrogliare.
D’altronde si respira già aria da campagna elettorale in vista delle regionali, e oggi infatti Renzi si fionda a Genova per scaldare la candidatura di Raffaella Paita, in una regione in cui il Pd rischia non poco. E un venticello mediatico su un tesoretto che il governo che vorrebbe spartire tra poveri e meno abbienti non può che far bene in cabina elettorale.
Eccesso di furbo opportunismo? Forse. Ma siamo sicuri che governi di diverso colore non avrebbero seguito la stessa tattica mediatica?