“Tanto va la pensioncina, che si fugge tuttavia, chi vuol essere lieto sia, del doman non v’e certezza”.
Vecchi versi di un madrigale, adattati al renzismo odierno. La lettura del decreto legge 65/2015 conferma che Renzi è un gran imbonitore, un cantastorie che maschera la realtà dei fatti.
DECRETO LEGGE 65/2015
Alla faccia delle comparsate televisive, i tagli del decreto sono ben più pesanti dei proclami renziani dei giorni scorsi. Sono salve le pensioni fino ai 1500 euro lordi/mese (“valorizzate” al 100% Istat, e lo si sapeva); sono massacrate quelle 6 volte superiori al minimo Inps (e lo si sapeva) sono pesantemente tagliate quelle da 3 a 4 volte il minimo (2012-2013 = rivalutazione del 40% nel primo biennio, dell’ 8% nel 2014-2015 e del 20% dal 2016). Infine, sono sminuzzate quelle da 5 a 6 volte il minimo: indicizzazioni del 10% indice Istat (2012-2013), 2% (2014-2015) e 5% (2016 ed oltre).
Lo sancisce, nero su bianco, l’art. 1 del citato decreto. Nei fatti, ad esempio, la fascia da 3 a 4 volte il minimo Inps avrà, in 4 anni, una rivalutazione del 2,45%, meno della metà di quanto teoricamente spettatele.
POPULISTI?
I grossi giornali, tutti asserviti al potente di turno, sono lo specchio dell’Italia di oggi. Articolisti di varia fama e competenza tecnica non si sono peritati di attaccare a testa bassa quanti cercano – nei modi previsti dal codice civile – di difendere la propria pensione, pur legata a decenni di versamenti obbligatori.
Negano, costoro, la correttezza e la congruità della sentenza n.70/2015 della Consulta. A nostro modesto parere, nelle ultime settimane, pochi sono stati gli articoli equilibrati ed obiettivi. Nel 90% dei casi la stampa di regime ha cercato e cerca di far passare la “fola” che i pensionati cattivoni sono insensibili alla grave crisi economico- finanziaria del nostro Stato, costoro – i pensionati cattivoni – sarebbero incapaci di capire che vanno aiutati (senza se e senza ma) gli italiani in difficoltà per colpa della crisi, per l’assenza di lavoro, per le pensioni minime etc.
E così, ai pensionati con pensioni superiori a 3 volte il reddito minimo Inps può essere concessa solo una piccola “mancia elettorale”, pari ad un valore compreso tra circa il 10-20% della quota rapinata per effetto del decreto Monti e delle leggi di stabilità successive. Ovviamente (dicono costoro) nulla deve essere riconosciuto alle pensioni superiori ai 3 mila euro/lordi mese, considerate ricche, ingiuste ed oscene, perché (dicono e scrivono) non sarebbero legate a contributi versati, ma regalate, per effetto della componente retributiva.
Per questi Soloni la Consulta ha clamorosamente sbagliato, perché non ha valutato l’impatto che la sua sentenza avrebbe avuto sui conti pubblici.
Per costoro, la Consulta avrebbe dovuto sentenziare in modo partigiano, attenendosi non al filo logico del diritto, ma a quello delle regole Ue, ossia del famoso rapporto del 3%.
Strano. Questa regola non vale per i vitalizi dei politici e dei politicanti. Questa regola non vale per i compari di merende: gli amici degli amici, i consulenti esterni del Governo (quanti sono?). Questi tagli non sono applicati, nella stessa misura, ad una serie di boiardi di Stato, delle Regioni, degli Enti Locali e delle Partecipate.
La recente inchiesta di Libero ha scoperchiato molte pentole, ma – su questo – Renzi non ha parlato né ha twittato. Su questo, ha sproloquiato Boeri (martedì sera), confermando il gap esistente tra un bocconiano e la realtà, pensionistica e terrena.
Renzi ha nascosto una parte importante della verità: non solo i rimborsi riguarderanno solo una parte dei pensionati lesi da Elsa Fornero, ma – soprattutto – le nuove decisioni governative (distoniche rispetto alla sostanza della citata sentenza) renderanno permanente il danno subito negli anni 2012-2015, proiettandosi pressoché totalmente oltre il 2016.
Boeri, a sua volta, butta – casualmente ? – sul tavolo dati economici privi di controllo (perché non validati…) per cercare di dimostrare che il periodo retributivo ha largamente favorito gli attuali attuali. Trattasi di teoria bocconiana di validità e veridicità analoga a quella peregrina della Fornero. Ma, Lui – il Boeri – non piange. No, Lui – narrano le “ Istorie dell’Inps”- vive isolato nella sua stanza presidenziale, incapace di costruire un rapporto valido con i suoi dirigenti. Quasi sapesse di essere di passaggio, all’Inps. La sua meta è ambiziosa: il ministero di Padoan, troppo distonico rispetto alle sceneggiate toscane.
Ancora una volta diciamo e ribadiamo. Se lo Stato ha dei buchi di bilancio, nascosti e da colmare, la colpa può essere scaricata sulle spalle dei pensionati con pensioni maturate correttamente, perché frutto di decenni di contributi versati.
La colpa è della gestione assistenziale dell’Inps, il cui costo reale supera di circa 30 miliardi il contributo (99 miliardi di euro nel 2013) che proviene dal Mef, anzi dalle tasche di noi contribuenti.
Lo scriviamo e lo diciamo per l’ennesima volta. Occorre fare chiarezza, una volta per sempre. Invece di fare sceneggiate televisive o di frequentare gli amici industrialotti, il premier agisca e costringa il Boeri – sua creatura e sua nomina – a varare un bilancio Inps 2014 in cui la la gestione assistenziale sia totalmente separata da quella previdenziale. Totalmente e chiaramente, precisiamo! E’ un obbligo contabile e di trasparenza, in un Paese normale!
Lo chiedono, a Renzi e c., i pensionati tartassati. Lo chiede la Ue. che, per effetto dei miscugli nei bilanci Inps, accusa l’Italia di spendere troppo per le pensioni e poco per la famiglia, per i disabili, per i disoccupati. La realtà è ben diversa, ma l’opacità dei bilanci Inps non la fa emergere.
Concludendo, due notizie. La prima: la Federspev dedicherà il suo 52° Congresso (Perugia, 24-26 Maggio) ai “furti ai pensionati”: lotta all’evasione, corruzione,sprechi e privilegi.
A Renzi, fischieranno le orecchie. No, non si tratterà di acufeni ma dell’effetto di molti suoni fastidiosi, che si alzeranno dalle sale congressuali, zeppe di pensionati e pensionate.
La seconda. Nei prossimi giorni partirà, in tutta Italia, una grande iniziativa contro il decreto legge 65/2015. Ma, di questo, scriveremo nei prossimi giorni.