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Biotech food e Ogm, cosa c’è di buono e salutare

Il mondo dell’alimentazione è sotto osservazione. Sicurezza dell’alimentazione e lotta alla fame sono infatti all’ordine del giorno.

E di produzione mondiale del cibo si è parlato ieri a Roma all’Ambasciata americana insieme con l’organizzazione non-profit statunitense International food information council foundation e alcuni rappresentanti di Paesi emergenti (Burkina Faso, Costa Rica, Egitto, India, Indonesia, Kenya, Senegal).

Nel corso della conferenza “Emerging market leaders workshop on effective messaging on flobal food production issues” si è discusso molto di Ogm e ingegneria dell’alimentazione, settori in cui molto spesso la mancanza e l’incompletezza dell’informazione non permettono di ragionare in modo razionale su rischi e potenzialità dell’evoluzione scientifica del settore alimentare.

Durante la conferenza la Ific foundation ha distribuito una vera e propria guida per migliorare la comunicazione e la comprensione intorno a quella che, secondo il presidente della fondazione David Schmidt, dovrebbe essere più correttamente definita biotecnologia dell’alimentazione, nella quale si sviluppano i filoni dell’ingegneria genetica e della bio-ingegneria. Quattro i messaggi-chiave: i cibi prodotti usando biotecnologie sono sicuri sia per l’uomo sia per il pianeta; la biotecnologia protegge le colture e gli animali da malattie che potrebbero minacciare la stabilità dell’offerta di cibo; supporta anche la sostenibilità sociale, economica e ambientale dell’agricoltura; infine, la biotecnologia può svolgere un ruolo fondamentale per venire incontro alle esigenze alimentari di una popolazione mondiale (attualmente) in crescita.

Forse sorprenderà sapere che il 90% del frumento e della soia coltivati negli Usa rientrano nella classificazione di “biotech food”. E mentre può sembrare innaturale modificare geneticamente un organismo, in realtà da molti anni i prodotti della terra vengono manipolati e modificati attraverso forme di “addomesticamento” e selezione. Gli agricoltori praticatn da tempo la selezione delle sementi per migliorare i propri raccolti. Con l’aumento della conoscenza scientifica essi hanno anche iniziato a innestare le piante per produrre raccolti che rispondessero maggiormente alle proprie esigenze alimentari e a quelle dei consumatori: cibi più saporiti, raccolti migliori ecc. La biotecnologia rappresenta solo l’ultimo avanzamento in materia.

E se parliamo di ambiente, i sostenitori delle coltivazioni biotech affermano che questa tecnica aiuti a ridurre significativamente l’uso di insetticidi e l’erosione del suolo, migliorando anche la qualità dell’acqua nelle fattorie. Inoltre, gli stessi sostenitori sottolineano che aumentando la produzione delle terre arabili, ci sia meno bisogno di usurpare nuovi territori, limitando così la perdita della biodiversità e il danneggiamento degli habitat naturali come le foreste pluviali.

In termini di controllo, i cibi biotech risultano essere molto più regolati rispetto alle produzioni convenzionali e, secondo la Ific, in circa due decadi di sorveglianza governativa, accademica e industriale, nessun pericolo per la salute o l’ambiente è mai stato confermato. Molte realtà internazionali tra cui l’Oms, la Fao e l’Associazione dei medici americana condividono questa osservazione. Ciò considerato, il presidente della Ific, parlando con Formiche, ha messo in dubbio il supporto scientifico che ha portato il governo italiano ad approvare il decreto che a gennaio 2015 ha prorogato il divieto di coltivazione del mais ogm nel nostro Paese.

“In futuro la nostra alimentazione sarà sicuramente legata alla biotecnologia. Continueranno a esserci dibattiti e studi scientifici sulla materia, ma da qui a 15 anni il biotech food diventerà comune e largamente accettato in quanto fonte sicura e sana di alimentazione”, ha detto il presidente David Schmidt “L’importante è continuare a informare e diffondere i dati che, anche qui in Europa, possano far capire la bontà di queste evoluzioni”.

Della stessa opinione l’ambasciatore americano presso la Fao Tony P. Hall, direttore emerito di Alliance to end hunger. In una conversazione con Formiche a margine dell’incontro, l’ambasciatore ha sottolineato che per contrastare la fame nel mondo la biotecnologia dell’alimentazione potrà svolgere un ruolo di primissimo piano: “Se si pensa che 30 anni fa erano 42mila le persone che morivano di fame, a fronte delle odierne 25mila è evidente che sono stati fatti molti passi avanti. Ma ancora molto resta da fare ed è necessario che politici e opinion maker siano coscienti del problema per poter agire concretamente”.

Alla domanda sulla nostra credibilità di voler contrastare la fame nel mondo facendo ricorso al biotech food l’ambasciatore Hall ha risposto ricordando le parole che tempo fa gli rivolse Madre Teresa durante una sua permanenza a Calcutta: “Fai le cose che sono davanti a te”. Quello che Madre Teresa intendeva è molto chiaro: finché le persone non si preoccuperanno di curare e tutelare le risorse che sono a loro vicine, sarà difficile avere un mondo migliore.


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