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Che cosa succede tra Usa e Arabia Saudita

Uno strappo vero e proprio pare impossibile anche al più critico degli analisti, ma le relazioni tra Washington e Riad hanno vissuto senz’altro tempi migliori.
Con quello che molti osservatori hanno definito uno “schiaffo” diplomatico senza troppi precedenti, il re dell’Arabia Saudita, Salman bin Abdulaziz, ha fatto sapere ieri che non avrebbe partecipato né all’incontro alla Casa Bianca con il presidente americano Barack Obama né al summit con i leader dei Paesi del Golfo che si terrà domani e giovedì a Camp David.
Al suo posto, ha detto l’agenzia saudita Saudi Press Agency, il monarca invierà il principe ereditario, Mohammad bin Nayef e il vice erede Mohammad bin Salam.

TENSIONI CRESCENTI

In realtà, l’impressione di trovarsi di fronte a un meccanismo ormai inceppato c’era da tempo e non servivano gli ultimi screzi dell’alleato sunnita per accorgersene. Il summit, doveva avere proprio lo scopo di ricostituire la fiducia tra gli Usa e i Paesi del Golfo, minata da divergenze negli ultimi anni, sull’Iran e sulla Siria in particolare, ma ha ottenuto l’effetto di ampliare ancora di più questa spaccatura.

IL FRONTE SUNNITA

La defezione di re Salman è stata infatti da traino per l’assenza di altri tre monarchi sunniti, scontenti della politica americana in Medio Oriente. Il re del Bahrein, Hamad bin Issa al-Khalifa, sarà sostituto dal principe ereditario. Assenti per malattia, invece, il sultano dell’Oman, Qaboos, che sarà rappresentato dal suo vicepremier, e il presidente degli Emirati arabi uniti, Sheikh Khalifa bin Zayed al-Nahyan, sostituito dal principe ereditario di Abu Dhabi, Sheikh Mohammed bin Zayed al-Nahayan. Solo gli emiri di Qatar e Kuwait hanno confermato la propria partecipazione al summit. Troppo poco per considerare il vertice riuscito.

TONI BASSI

Entrambi i protagonisti minimizzano. Il portavoce di Obama, Josh Earnest, ha respinto l’idea di un contrasto. “Non ha nulla a che vedere con il nostro programma di discussioni a Camp David” ha assicurato, sostenendo che non ci sono stati segnali di malcontento da parte di Riad. Mentre per i sauditi la decisione è stata presa perché gli incontri si sovrappongono ai cinque giorni di cessate il fuoco in Yemen, che inizieranno martedì. Ma secondo molti osservatori, i segnali per vedere una crepa nelle relazioni tra Casa Bianca e Paesi del Golfo ci sono tutte.

LO STILE SAUDITA

Per Cinzia Bianco, analista esperta di Medio Oriente e Mediterraneo per la Nato Defense College Foundation, la mossa di re Salman “ricalca per filo e per segno il modo di fare saudita“, poco incline a dichiarazioni pubbliche, come quelle di Benjamin Netanyahu al Congresso, ma più orientato “a lanciare messaggi sottintesi ma chiari, come la defezione di molti monarchi annunciata all’ultimo momento“. L’assenza del re dell’Arabia Saudita è certamente, come spiegato dal New York Times, un “segnale del suo malcontento nei confronti dell’amministrazione americana per i rapporti fra Stati Uniti e Iran” e per l’atteggiamento ambiguo tenuto da Washington nei confronti del regime alawita siriano, vicino al “nemico” sciita Teheran.

I TIMORI DI RIAD

Ma come scritto su queste colonne da Carlo Jean, le ragioni del disaccordo sono forse più profonde. “L’Arabia Saudita – ha sottolineato l’esperto di geopolitica – teme che non riguardi solo il nucleare, ma gli assetti geopolitici del Golfo, che verrebbero comunque modificati dall’attenuazione delle sanzioni che consentirà a Teheran di disporre di maggiori risorse anche per la sua politica estera. Esiste a Riad una paranoia circa un rovesciamento delle alleanze Usa nel Golfo a favore dell’Iran. Essa non è basata solo sui negoziati in corso sul nucleare, ma anche sul mancato intervento Usa contro Assad e sulle critiche occidentali all’intolleranza religiosa esistente in Arabia Saudita. Riad si sente in parte abbandonato dal suo tradizionale protettore“.

LE RAGIONI

L’idea di questo abbandono (vero o presunto) risale per Cinzia Bianco a un determinato momento. “Sicuramente – commenta – se non ci fossero state le divergenze su Siria e Iran non saremmo mai arrivati a questo punto, ma l’assenza di re Salman e degli altri monarchi è nata in un momento particolare delle trattative americane con Teheran. Come controbilanciamento di un accordo sul nucleare della Repubblica Islamica, i sauditi si aspettavano da parte degli Usa la firma di un patto di difesa scritto in caso di aggressione iraniana“. È vero che gli Stati Uniti si prendono da sempre cura militarmente dei Paesi del Golfo, ma ciò è frutto di un cosiddetto gentlemen agreement, ovvero un accordo informale, e non di un obbligo scritto che invece i sauditi desidererebbero. “Quando mercoledì scorso il segretario di Stato John Kerry è stato a Riad, ha escluso categoricamente questa ipotesi, perché avrebbe messo a repentaglio l’intero accordo con l’Iran, da formalizzare definitivamente entro giugno. Questa – conclude l’analista – è stata la reazione saudita a quel rifiuto“.

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