Mentre ancora attendiamo di conoscere le valutazioni promesse dal movimento NoExpo sul Primo maggio milanese (ma questo movimento ha un comune denominatore organizzativo, si riconosce in qualche leader?), sia consentita una prima considerazione.
Sono tra coloro che hanno apprezzato il comportamento delle forze dell’ordine. I danni alle cose sono stati immani, ma quelli alle persone assai limitati. Del resto, qualunque persona dotata di buon senso sa che le “tute nere” hanno agito per creare tutte le condizioni affinché “ci scappasse il morto”.
Non vale dunque la pena commentare le miserabili speculazioni politiche dei Salvini e compagnia bella. A mio avviso, invece, l’attenzione andrebbe spostata sul fatto che il corteo dei “pacifici” NoExpo non ha saputo e, forse, non ha voluto prendere le distanze o isolare i più violenti (che vi sono usciti e rientrati a piacimento).
Un esame di coscienza serio occorre pertanto farselo. Occorre cioè chiedersi se è stata combattuta con la necessaria determinazione, in ogni circostanza, quella cultura della “critica solidale” che scorre come un fiume carsico nell’alveo della sinistra antagonista.
Un tempo c’erano i “compagni che sbagliano”, dove la parola compagno indicava comunque l’appartenenza a uno stesso campo ideologico. La “critica solidale” ne è la versione aggiornata. Si condanna il vandalismo delle formazioni che gravitano nell’area dell’eversione, senza però disconoscerne la razionalità delle istanze anticapitalistiche e antiglobalizzazione.
Per questo è importante la posizione assunta da Roberto Saviano, che questa volta non ha esitato a definire “squadristi-antagonisti” i casseurs che hanno messo a ferro e fuoco uno dei quartieri più belli della città meneghina.
Purtroppo, certa intellighentia di sinistra, costituita da quelli che la “sera leggono a letto Kant”, ha sempre pronta qualche sottile disquisizione sociologica per ovattare la condanna di chi sabota quotidianamente il cantiere dell’alta velocità a Chiomonte o scassa le vetrine delle banche milanesi.
Probabilmente preferiscono avere torto con Erri De Luca pur di non dare ragione a Matteo Renzi.