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Il terrore jihadista a Dallas visto dai media americani

Quattordici anni dopo la ferita, ancora aperta, dell’11 settembre, e a soli due dall’attentato alla Maratona di Boston, gli Stati Uniti si scoprono di nuovo vulnerabili di fronte alla terroristica imprevedibilità del jihadismo. E lo sperimentano là dove fa più male, a Dallas, Texas, nel cuore di quella parte dell’America repubblicana che con il “suo” presidente George W. Bush ha fatto della guerra al terrore islamico la propria missione.

CHE COSA È SUCCESSO

La dinamica e le ragioni dell’attacco non appaiono così diverse da quelle che hanno di recente sconvolto l’Europa con la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo prima e in un convegno simile a Copenaghen poi. Due uomini hanno aperto il fuoco contro una guardia in un centro congressi dove si stava svolgendo il “Draw Mohammed day”, evento per disegnatori satirici di Maometto. I due attentatori sono stati subito uccisi dalla polizia, prima di nuocere. A rivendicare l’attacco sono stati alcuni account legati allo Stato Islamico, mentre un dettaglio ha subito allertato gli inquirenti: il profilo Twitter di quello che appare uno degli attentatori ha come avatar Anwar al-Awlaki, l’imam yemenita-americano che ha ispirato diverse operazioni di terrorismo in Occidente.

FEDELTÀ’ ALL’ISIS

Uno degli assalitori, riferisce Abc News, si chiamava Elton Simpson ed era originario dell’Arizona. Simpson era già stato coinvolto in un’indagine sul terrorismo e secondo le indiscrezioni ottenute dal canale fu in particolare giudicato colpevole e condannato per aver mentito all’Fbi circa i suoi programmi di recarsi in Africa, probabilmente per arruolarsi nelle fila dei militanti jihadisti. Ma un giudice – spiega sempre la tv americana – arrivò alla conclusione che non ci fossero prove sufficienti per tenerlo in carcere.
Secondo la Cnn, che cita fonti investigative, l’uomo avrebbe anche postato sui social media – poche ore prima il tentato attacco – un giuramento di fedeltà all’Isis.

LIBERTÀ SOTTO ATTACCO?

La blogger politica Pamela Geller, fondatrice dell’American Freedom Defense Initiative di Houston, sentita per email dal Washington Post, non ha dubbi sulla natura dell’attentato: “Questo incidente è ovviamente correlato alla nostra manifestazione, come testimoniano i sostenitori dell’Isis su Twitter, che hanno lodato gli uomini armati“. I jihadisti islamici, ha proseguito la donna, che ha preso parte come relatrice all’evento, “sono determinati a sopprimere la nostra libertà di parola violentemente. Hanno colpito a Parigi e Copenaghen recentemente, e ora in Texas“. Questo attacco, ha concluso la Geller, segnala che “la libertà di parola è sotto violento attacco qui, nella nostra nazione. La domanda ora è: resisteremo e la difenderemo o ci piegheremo alla violenza, al teppismo e alla ferocia?“.

ESPRESSIONE DA DIFENDERE

Bisogno di chiarezza e la necessità di difendere la libertà di parola sono richiami costanti sui pochi media Usa che già commentano l’attacco. Come il Daily Beast, che attraverso la “penna” del suo editorialista Dean Obeidallah, spiega: “La libertà d’espressione nella nostra nazione è importante ed è un principio su cui sono d’accordo anche i musulmani americani“. “Posso assicurare che la comunità e i leader religiosi musulmani-americani denunceranno rapidamente l’accaduto e metteranno in chiaro che dobbiamo assolutamente difendere la libertà di espressione. L’unica speranza è che i media coprano le nostre risposte con lo stesso zelo con cui coprono l’attacco“.



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