Una nuova panacea s’aggira nei Palazzi. Si chiama Piano Juncker. In verità non c’è alcun piano (mirabile analisi di Paolo Savona qui), neppure un fondo visto che non sarà dotato di personalità giuridica propria, Commissione ed Europarlamento stanno bisticciando su procedure e poteri (qui le ultime indiscrezioni), la governance si avvia verso forme barocche (scrive oggi Federico Fubini su Repubblica), la Germania è pronta a papparsi un bel po’ di miliardi e l’Italia traccheggia. Eppure, come una sorta di Sarchiapone, il Fondo Juncker aleggia su ogni minimo investimento di cui si parli o si accenni.
Ultimo caso? Il piano di Enel sulla fibra ottica. I termini del progetto, almeno ai non addetti ai lavori come i cronisti, non sono del tutto chiari. Però il governo pare sia interessato ad assecondare, se non a cavalcare, i progetti del gruppo partecipato dal Tesoro sulla banda larga. È già si parla, come fa oggi Il Sole 24 Ore, di una garanzia Bei bella e pronta. Sarà così? Si vedrà.
Però, secondo la ricostruzione di Formiche.net, dal gruppo di lavoro tra Palazzo Chigi, ministeri, Cassa depositi e prestiti (Cdp) e Banca europea degli investimenti (Bei) ancora non sono emerse le priorità. Ovvero i progetti italiani “junckerabili”. Sarà quello dell’Enel? O quello di Telecom? E quello di Metroweb? Solo per restare nel campo delle tlc.
Secondo una prima bozza che circola nei ministeri, il gruppo di lavoro prevede di analizzare progetti connessi “al piano nazionale per la banda ultra larga”, ovvero quello annunciato dall’esecutivo da 6,5 miliardi di euro, ai quali dovrebbero essere affiancate risorse private dello stesso importo.
Ma al di là di progetti, numeri e cavi, nei palazzi politici e aziendali comincia ad insinuarsi un dubbio: ma Renzi sta facendo una guerricciola a Telecom tramite il gruppo Repubblica-Espresso? Le dietrologie, si sa, abbondano nei giornali. Ma il titolazzo di Repubblica di ieri, di fatto contro Telecom sulla fibra (per la rottamazione implicita della rete fissa in rame), il tweettino a supporto del premier, le voci (senza riscontri ufficiali) di screzi aziendali sotto traccia per questioni legate a frequenze tv tra gruppi come L’Espresso e Telecom Italia compongono un quadro non ancora chiaro. Anche perché, come ricorda l’analisi di un editorialista che non intinge la penna nelle chiacchiere malmostose, come Stefano Cingolani, sullo sfondo c’è la partita dell’assetto azionario dell’ex monopolista telefonico con un potenziale triangolo Telecom-Vivendi-Mediaset e un ruolo di playmaker di Vincent Bolloré, nelle vesti anche di salvatore (forse) della patria aziendale di Silvio Berlusconi.
(LO SPECIALE DI FORMICHE.NET SUL PIANO JUNCKER: NUMERI, COMMENTI, ANALISI)