Da giorni, leggiamo pareri “in libertà” sulla citata sentenza. Con pazienza, ci domandiamo quanti “soloni previdenziali” abbiano realmente ed integralmente analizzato e soppesato il deliberato della Corte Costituzionale.
Federmanager e Manageritalia, le organizzazioni che hanno ricorso contro il blocco della perequazione/indicizzazione all’inflazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS (1.443 o 1.405,05 euro?) per il biennio 2012-2013, plaudono alla sentenza. “Una vittoria del diritto…si è fatta giustizia…ora i rimborsi…”. Tutto vero, tutto giusto, ma la Consulta ha già messo nero su bianco al Governo le istruzioni per i suoi prossimi tagli pensionistici, questa volta “costituzionali”.
Giuliano Cazzola (2/05/15) afferma invece che la sentenza ha voluto tutelare le pensioni medio-basse, consentendo al governo di “rimodulare la norma rendendola più equa”.
Per Fernando Pineda (03/05) la Corte ha voluto colpire le motivazioni generiche e blande della legge Fornero (art.24,c.5, decreto legge 201/2011 convertito nella legge 214/2011).
Per Nicola Salerno (04/05) la Consulta è entrata nel merito di quanta penalizzazione economica sia accettabile e giusta, con un parere che esula dalla sua competenza istituzionale e che entra nella discrezionalità delle scelte politiche. La Corte “si è addentrata nel merito di quanta progressività sia accettabile e giusta, così entrando nella sfera di discrezionalità di scelta che è propria della politica”. Per Salerno, la scelta della Consulta toglie risorse dal bilancio statale (esempio dalla decontribuzione dei neo-assunti) per darla ai pensionati.
Pineda, quindi, trasforma un problema di “giustizia costituzionale” in un problema economico-politico, tutto discrezionale. Non da giuristi, ma da pensionati, gli eccepiamo che – in Italia – a parità di reddito (pensionistico o da lavoro attivo) le tasse dovrebbero essere pagate da tutti, in modo proporzionale al reddito. O no? Non è colpa nostra se la Fornero ed il solito bocconiano (Monti) non hanno chiaro questo aspetto basilare della convivenza civile!
Giuseppe Pennisi (03/05/15) parla di “buco, annunciato, nei conti pubblici” e ricorda che Monti “era già stato avvertito che la Consulta si era già espressa un paio di volte in materia”. La stessa considerazione vale per il governo Letta e per il contributo di solidarietà imposto alle pensioni over 90.000 euro lordi/anno. “Buchi annunciati, all’insegna del motto “Salvo la Patria”. Continua Pennisi, “…le imposte sui pensionati sono state varate in malafede, nella consapevolezza che sarebbe toccato a qualcun altro a riempire i buchi di bilancio…”, dati i tempi biblici della Corte stessa. “C’erano vari modi per far quadrare i conti pubblici, senza accanirsi in modo discriminatorio contro una categoria. Quali? Ridurre la spesa pubblica gestionale, chiudere le partecipate in perdita strutturale, “mettere in vendita la sanguisuga RAI…etc etc fino a mettere un’addizionale progressiva sull’imposta del reddito di persone fisiche e giuridiche”. “Ci si è accaniti sui pensionati (categoria debole, NdR!) ben sapendo che altri governi “ne avrebbero pagato lo scotto”. Il buco, ora, è di 12 miliardi…
Ancora l’ineffabile Cazzola (04/05): “Non vi è alcun meccanismo di applicazione automatica della discutibile sentenza della Corte” (!!??), la quale non ha cassato la norma nell’insieme ma solo la parte che riguarda le pensioni più basse (??!!)”. Ancora…”chi vuole ottenere il riconoscimento dei propri diritti deve fare causa all’INPS” perché la sentenza “non vale erga omnes..”. Il buon Cazzola “esperto di welfare e previdenza”, evidentemente, mastica poco la “civilistica”.
Ma Cazzola non si ferma qui: “Nessuno di quelli che oggi lamentano la lesione dei diritti dei pensionati ha pensato – in queste ore – che la quasi totalità dei trattamenti penalizzati dal decreto Salvitalia erano pensioni retributive..?”.
Per Michele Poerio (Presidente FEDERSPEV, 05/05) la sentenza della Consulta rappresenta “una vittoria di tappa dei pensionati, ma il Giro è ancora lungo”.
Concordiamo, ovviamente. La decisione della Consulta fa ritornare attivo l’art. 69 della legge 338/2000, che riconosce, relativamente alla perequazione, un aumento pieno (100%) per le pensioni fino a 3 volte il minimo INPS, un aumento del 90% per quelle tra 3 e 5 volte il minimo ed infine il 75% a quelle superiori a 5 volte il minimo. Circa 6 milioni di pensionati dovrebbero ricevere il maltolto.
Poerio ricorda che la Corte era già intervenuta sul problema (sentenza 316/2010), consentendo al legislatore di “punire” le pensioni 8 volte il minimo INPS ma “ammonendo il legislatore a non reiterare tali blocchi”. Per Poerio, il Governo cercherà ora di limitare i danni (8-14 miliardi di euro) rateizzando i rimborsi o legiferando di nuovo. “Chiaramente si aprirebbe un nuovo contenzioso. Infatti questa stessa sentenza ricorda che la Consulta non ha abrogato precedenti blocchi quando hanno riguardato pensioni superiori a 5 volte il minimo INPS (Finanziaria Prodi ,1998; decreto Berlusconi,2011) o 8 volte il minimo stesso (Finanziaria Berlusconi,2007).
Per Francesco De Dominicis (Libero, 05/05) un “ decreto arriverà a breve”, per regolamentare sia la cadenza dei rimborsi e per “rimodulare in alto l’asticella del blocco della rivalutazione (es. 5-6 volte il minimo INPS)” . il costo della sentenza sarebbe di almeno 8,2 miliardi per il biennio in questione (3,8 nel 2012 e 4,4 nel 2013), cui andrebbe aggiunto l’effetto trascinamento negli anni successivi.
Secondo Riccardo Troiano (l’avvocato dello Studio Orrick che ha vinto la battaglia legale) “qualsiasi intervento volto a reintrodurre nuovi paletti potrebbe di nuovo essere censurato dalla Consulta”, dati i precedenti del 2008-2010. La Corte ha chiarito che “non è possibile colpire con prelievi forzosi i trattamenti previdenziali per meri scopi di risanamento della finanza pubblica”. Ci auguriamo che abbia ragione Troiano! (NdR).
Secondo Antonio Misiani (Centro Studi NENS) il peso complessivo sui conto dello Stato salirebbe a 16,6 miliardi: 13,7 per la mancata rivalutazione 2012-2013, cui si aggiungono: la mancata capitalizzazione degli anni successivi; la sottostima del tasso di inflazione; il ritorno alle condizioni perequative del 2010.
Secondo Filippo Taddei (PD) occorre intervenire “in modo proporzionale e solo sulle pensioni alte”. Diciamo NOI: “e sui vitalizi, no ?” (NdR). E, continua Taddei, si potrebbero ricalcolare con il metodo totalmente contributivo tutte le pensioni superiori ai 5.000 euro lordi mensili, il cui numero è pari al 12% del totale (?!). Ciò consentirebbe un recupero di 1,5 miliardi.
Secondo Lorenzo Salvia (Corsera,5/05) il decreto legge governativo potrebbe prevedere il blocco dei rimborsi per le pensioni superiori a 8 volte il minimo INPS (3.800 euro), con rimborsi del 50% per la fascia da 1.433 e 3.800 euro. Così si realizzerebbero: progressività, ridotta spesa, dilazione della stessa, stop alla valanga dei ricorsi che partirebbero dal 1° Giugno (data di efficacia della sentenza).
Secondo Marco Rogari (Il Sole, 5/05) il decreto legge sospensivo potrebbe essere varato entro maggio ed i rimborsi potrebbero essere dilazionati su 3-5 anni.
Secondo Augusto Barbera la sentenza della Consulta è una “brutta sentenza”. Secondo Giovanni Maria Flick la pronuncia della Consulta non può essere impugnata alla CEDU.
Secondo Giuliano Poletti, per “coprire il buco non ci sarà alcuna patrimoniale” (ibidem).
In conclusione, ci permettiamo di scrivere che “ i giochi non sono ancora chiusi”.
Da un lato, Renzi e C. (Boeri, Poletti, Cazzola, Taddei inclusi) cercheranno di limitare i danni. Ci aspettiamo un decreto legge di blocco dei rimborsi ed una legge di stabilità con penalizzazione degli assegni piu’ elevati.
Dall’altro lato, ci sono i deboli pensionati. Ma l’unione delle loro debolezze ha portato i 300 di Leonida a provocare il rinvio alla Consulta ( decisione del Tar Veneto ) dei vari scippi pensionistici post 2012. Nei fatti, è partita una rete protettiva con una serie di sentenze dei Tar (su tutti quello della Calabria) che hanno nuovamente chiamato in causa la Consulta, sui provvedimenti punitivi di Monti, Letta e Renzi.
Non solo ma, secondo Noi, la sentenza n° 70/2017 della Corte potrebbe essere portata alla CEDU per alcuni motivi: perché apre spiragli a vessazioni governative sulle pensioni medio-alte; perché disconosce le violazioni della normativa europea in tema di tutela delle pensioni; perché ha natura tributaria.
I 300 di Leonida, la Federspev, la Dirstat e la Confedir tutta si sono già attivati per costruire un ricorso alla CEDU basato sia sulla citata sentenza che sui prossimi decreti governativi anti-pensionati.
E, per ora, è tutto. In attesa del 31 maggio, quando si vota.
Stefano Biasioli, anche a nome dei 300 di Leonida.