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Pensioni, ecco i demagoghi anti rimborso parziale

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Affaire pensioni. Non si può chiedere a delle forze di opposizione, strambe e plebee, come quelle che occupano i banchi del Parlamento, di essere responsabili e di riconoscere che la soluzione adottata dal governo in merito all’applicazione della sentenza n.70/2015 della Consulta era l’unica realistica e perciò possibile. Ma almeno dovrebbero essere coerenti con se stesse.

Soprassediamo, per carità di patria, sul caso di Forza Italia. E’ vero che il Pdl nella passata legislatura votò – obtorto collo – la riforma Fornero, ma questo partito (anche nell’attuale legislatura) ha dimostrato di avere la memoria corta. E di compiere delle clamorose inversioni di marcia con una faccia di bronzo da primato.

Inoltre, gli azzurri sono gli unici che possono vantare qualche titolo per rappresentare (e difendere) i ceti esclusi dall’allargamento del perimetro di salvaguardia (con relativo rimborso una tantum) a cui dovrebbe provvedere il decreto legge.

Ma gli altri partiti ? Veri e propri perecottari, saltimbanchi da baraccone. Sono diventati – con lo slogan del ‘’restituire tutto a tutti’’ – i paladini delle pensioni medio-alte, alte, dorate. Eppure non passa giorno senza che Fdl-An non proponga di imporre un tetto agli assegni, mentre il M5s assume, nel suo disegno di legge, il taglio delle c.d. pensioni d’oro tra le voci che dovrebbero fornire copertura finanziaria al reddito di cittadinanza.

Quanto alla Lega e al Sel, non si fanno certamente mancare nulla se c’è da fare demagogia con le pensioni.

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Non è privo di significato che il giovane caudillo abbia, alla fine, deciso di togliersi adesso – a due settimane dal voto – il dente dei rimborsi. Ciò vuol dire che si esporrà, anche per questo, al giudizio degli elettori; gli stessi che giudicheranno anche i suoi critici, i quali, contro il decreto, imposteranno le ultime battute della campagna elettorale. Al dunque si scoprirà che gli italiani sono più saggi di chi pretende di rappresentarli. Chi ha intinto il pane nell’olio dell’invidia sociale non può diventare all’improvviso difensore di quanto fino a ieri considerava un privilegio.

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Tu quoque, Fitte, fili mi!

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