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Perché l’economia digitale rischia di creare un gap tra piattaforme e produttori di contenuti

Nella sessione plenaria del Parlamento EU in corso a Strasburgo è in pieno svolgimento il primo dibattito ufficiale sull’annunciata strategia della Commissione riguardante il mercato digitale.

Tra i tanti temi che emergono uno su tutti riguarda il futuro dell’industria dei contenuti e i creativi nei rapporti con gli OTT.

E’ evidente infatti come nell’evoluzione di mercato che ha caratterizzato la rivoluzione digitale gli equilibri generati non rappresentano oggi il reale valore del contenuto messo a disposizione nelle reti digitali.

Se osserviamo, ad esempio, l’incredibile sviluppo che ha avuto l’offerta musicale digitale, che oggi, per la prima volta, ha pareggiato i ricavi con il segmento fisico, ovvero i CD, si può subito notare come questi ricavi siano assolutamente ridotti rispetto al consumo generale di contenuti. Negli anni la musica consumata tramite le reti digitali è aumentata in modo esagerato ma tale utilizzo ha consentito solo ad una parte della filiera, prevalentemente quella tecnologica, di ottenere un ritorno economico rilevante, mentre produttori di contenuto, autori ed artisti hanno dovuto accontentarsi di una frazione di tali revenue.

Certamente il settore dei contenuti ha dovuto confrontarsi con l’offerta illegale gratuita ed ha reagito individuando modelli di business basati anche sulla monetizzazione dei contenuti free ma tale scenario, pur favorevole ai consumatori, grazie a scelte innovative, non ha garantito il giusto equilibrio. A fronte di ricavi marginali per le imprese produttrici di contenuto musicale, le imprese di tecnologia hanno generato utili enormi sfruttando in maniera significativa i contenuti ed oggi questa sproporzione emerge in tutta la sua realtà.

Non si può quindi prescindere dalla necessità di riallineare questa sproporzione quando si ipotizza di costruire un mercato digitale in Europa.

L’Europa è da sempre la culla della produzione culturale laddove altri mercati sono stati la culla di rilevanti start up, oggi peraltro non più tali, nel settore tecnologico.

Se dobbiamo lavorare su un’agenda digitale é assolutamente necessario affrontare il tema del value gap che oggi esiste nel mercato musicale.

Questo è un settore che ha da tempo individuato meccanismi contrattuali di licensing che hanno consentito di superare alcuni degli ostacoli che sono oggi parte della strategia della Commissione, come il geoblocking, ma non è stato capace di individuare quell’equilibrio necessario a garantire un sistema win-win che favorisse un crescita sostenibile per tutta la filiera.

Se vogliamo che l’Europa mantenga questa importante caratteristica di produttrice di contenuti creativi dobbiamo fare sì che il mercato unico favorisca uno sviluppo sostenibile. L’esempio della musica, che oggi deve ritrovare quell’equilibrio nella filiera, e che richiede opportune regole alla Commissione deve costituire un esempio per tutta l’industria culturale che si affaccia sul mercato digitale: “Content is king in Europe” questo dovrebbe essere lo spirito che guida la Commissione nella futura definizione del mercato digitale nel continente.


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