Come ho già detto, non ho molta stima politica di Tony Blair ma non ho nemmeno pregiudizi nei suoi confronti. Infatti, il suo articolo che ieri ho letto su Repubblica è a mio avviso interessante per più motivi. Non solo perché dà atto con parole giuste all’impegno generoso di Ed Miliband, ma perché il suo discorso è critico e autocritico, ed è rivolto al partito, rivalutando il ruolo e le possibilità di successo per il futuro.
Blair invita il suo partito a indicare con chiarezza una strategia senza confonderla con la tattica, e quindi una direzione di marcia, che indica nel fatto che la sinistra deve agganciare il centro. È chiarissimo: “Il centro è uno stato mentale quanto un insieme di politiche. Scegliere il centro implica il fatto di riconoscere che nel mondo odierno molte soluzioni trascendono i confini tradizionali tra sinistra e destra” (quindi per Blair destra e sinistra ci sono!). E dice: “Dobbiamo stringere alleanze (dice alleanze non identificazioni, ndr) che includano sia quanti sono estranei al nostro campo, sia quelli che ne fanno parte. Guidare il dibattito sul perché la Gran Bretagna dovrebbe restare in Europa”. E dice bene quando afferma che “se non saremo noi i riformatori dei servizi pubblici e del welfare state, i Tory ne saranno i demolitori”.
A questo punto, il tema è quali riforme. E Blair dice una cosa interessante mentre alcuni commentatori italiani delle elezioni inglesi hanno detto esattamente il contrario: “Ed Miliband ha avuto ragione a sollevare la questione della diseguaglianza e a dire che il Labour dovrebbe tornare a concentrarsi su di essa. Questo rimarrà il suo contributo allo sviluppo del partito. E, nella misura in cui questo è anche un implicito rimprovero alle mie politiche, lo accetto”.
A me pare un buon inizio per il dibattito che si apre nel partito labourista in preparazione del congresso per la scelta del nuovo leader, di un dibattito che coinvolgerà tutto il partito, non delle primarie.
(questo post è stato pubblicato da Emanuele Macaluso su Facebook)