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Solo teppistelli?

Giovane com’è, beato lui, il presidente del Consiglio Matteo Renzi non sa di avere liquidato gli autori delle devastazioni di venerdì a Milano – “quattro teppistelli figli di papà” – alla stessa maniera, o quasi, con la quale un suo predecessore a Palazzo Chigi, il democristiano Mariano Rumor, definì 45 anni fa i violenti che, sempre a Milano, erano stati segnalati per la loro pericolosità dal prefetto Libero Mazza. Un cui rapporto al ministro dell’Interno Franco Restivo, arrivato ai giornali nel 1971, fu definito una “esagerazione” dall’allora deputato socialista Eugenio Scalfari, eletto proprio a Milano. Un giudizio purtroppo condiviso dal suo partito, che partecipava al governo e chiese la testa del prefetto, all’unisono con l’opposizione comunista.

La rimozione di Mazza arrivò dopo qualche anno, in occasione del primo avvicendamento di un bel po’ di prefetti in tutta Italia, nonostante si fossero raccolte già varie conferme dei timori del terrorismo da lui avvertiti e tempestivamente segnalati.

I giovanotti “figli di papà” che, bendati ma anche a viso scoperto, scorazzavano per Milano in altri cortei e promuovendone di propri, insultando e bastonando gli sprovveduti che osavano protestare o chiunque altro non risultasse loro gradito, danneggiando e distruggendo auto e vetrine, ebbero modo di crescere, di organizzarsi e di diventare veri e propri terroristi fra l’indifferenza di un potere politico che poi ne avrebbe fatto le spese.

Seguirono, fra l’altro, il 1977 con quella celebre foto, sempre a Milano, del giovane incappucciato che impugnava a due mani la pistola contro le forze dell’ordine, e il 1978, a Roma, con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Che era un po’ il crocevia degli equilibri interni della Dc e dell’intero sistema. Un sistema che infatti dopo la morte del presidente democristiano divenne acefalo. E tale rimase a lungo, se ha mai smesso di esserlo.

Bisogna stare attenti a valutare ciò che accade a Milano. Dove tutto, o quasi, è cominciato nella storia del nostro Paese, nel bene ma anche nel male, pure il fascismo e il terrorismo.

Anche i “quattro teppistelli figli di papà”, magari con il rolex al polso, come ha aggiunto il ministro dell’Interno Angelino Alfano sviluppando una rappresentazione dei fatti un po’ minimalista anticipata dal presidente del Consiglio, fanno presto a crescere se non vengono fronteggiati con la dovuta fermezza, anche dalla magistratura, e messi veramente in condizione di non nuocere. E di non organizzare il prossimo agguato dandosi appuntamento con giovani, o anzianotti, della stessa risma provenienti dall’estero.

Qui non si tratta di “non farsi rovinare la festa” dell’Esposizione Universale appena inaugurata. Si tratta di non ripetere gli errori di un passato che il presidente del Consiglio ha avuto la fortuna di non vivere. Sarebbe meglio guardare più fuori che dentro i palazzi romani nei quali si consumano, senza esclusione di colpi, sopra e sotto la cintola, le solite lotte fra i partiti e relative correnti. Ogni riferimento alla vicenda parlamentare della nuova legge elettorale non è purtroppo casuale.

Non possono bastare, in una seria e preveggente azione di contrasto alla violenza, le buone parole, che questa volta peraltro non sono state molte, e neppure la buona volontà e il civismo di tanta gente comune accorsa a sgomberare e pulire spontaneamente strade e vetrine milanesi il giorno dopo avere assistito allo scempio con un atteggiamento apparso a tratti anche d’indifferenza, e non solo di paura.


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