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Camusso, Furlan e quel dibattito un po’ stucchevole…

Non avendo avuto modo di leggere l’originale della recente lettera di Susanna Camusso ai segretari di Cisl e Uil, mi devo fidare dei brani riportati dai giornali (Repubblica del 21 giugno). Da un primo colpo d’occhio si capisce che per intensità e contenuti non è paragonabile a quelle di San Paolo, comunque è sempre un fatto positivo quando ci si interroga e si getta uno sguardo al futuro.

Però da Corso d’Italia, da quanto si legge, sembra arrivare l’ennesima lista di buone intenzioni piuttosto che delle concrete proposte. Pensioni, fisco, Mezzogiorno, politica industriale, contratti e gestione della crisi, mancano i giovani e le donne , ma sembra una riedizione, nemmeno riveduta e corretta, di un qualunque ordine del giorno vecchio di quarant’anni (forse perché nessuno ha risolto questi problemi). Sempre a mezzo stampa (Repubblica 22.6) arriva la risposta di Annamaria Furlan, segretario della Cisl e si ha netta l’impressione che, finalmente, da Via Po arrivino chiare e nette alcune indicazioni per riavviare il virtuoso processo unitario come, ad esempio, il superamento del contratto nazionale a favore di quello decentrato. Già la condivisione di questo fatto avrebbe un che di molto impegnativo e innovativo per i sindacati confederali. Così come sarebbe impegnativo e innovativo superare la faccenda del numero degli iscritti a favore di una maggior considerazione per il tasso di sindacalizzazione nei luoghi di lavoro. I dati, a mio modesto parere, per avere un peso specifico vanno riferiti solo ai lavoratori attivi e soprattutto alla percentuale degli iscritti sul totale degli occupati (cioè il tasso di sindacalizzazione).

Non sfugge a nessuno che un conto è, ad esempio, rappresentare un più che onorevole 30% di iscritti tra gli occupati, altro è rappresentarne percentuali più modeste. Come non sfugge a nessuno che nuovi iscritti puoi trovarli, consolidarli e incrementarli solo in fabbrica, negli uffici, nei nuovi lavori e figure professionali. Qui la differenza tra contratto nazionale e decentrato o territoriale si vedrebbe. Eccome. In questo scambio di battute le due prime donne (è il caso di dirlo) alla guida del sindacato confederale si attardano sulla questione Landini e delle sue, legittime, pulsioni politiche, francamente mi sembra uno spreco d’energie: fare sindacato e fare politica sono attivit à faticose e impegnative, pensare di farle tutte e due insieme è come prendere il brodo con la forchetta.


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