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Putin abbaia perché è in difficoltà. Parla il prof. Sapelli

Dal G7 di Elmau è emersa con sufficiente chiarezza la volontà dell’Ue, al Consiglio del 25 e 26 prossimi, di confermare le sanzioni contro la Russia per la crisi ucraina. Una linea dura promossa dagli Usa e che preoccupa Vladimir Putin, alle prese con una pesante crisi economica del suo Paese.

Scongiurare queste nuove misure e uscire dall’isolamento internazionale – spiega in una conversazione con Formiche.net lo storico ed economista Giulio Sapelli -, è una delle ragioni che ha spinto il presidente russo a recarsi oggi e domani in Italia, dove incontrerà i vertici del Governo e Papa Francesco.

Cosa si diranno? Ecco l’opinione del docente e saggista, dal 1996 al 2002 nel cda di Eni, dal 1994 ricercatore emerito presso la Fondazione Eni Enrico Mattei e autore del pamphlet “Dove va il mondo” (edizione Guerini).

Professor Sapelli, Putin è in Italia oggi e domani, sotto il segno dell’Expo 2015, e di un nuovo incontro con Papa Francesco, che lo riceverà mercoledì pomeriggio.

Credo che al centro dei colloqui tanto con Roma quanto con la Santa Sede ci sarà l’Ucraina.

Cosa dirà il presidente russo a Italia e Vaticano?

Credo che chiederà aiuto per uscire da questa situazione. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha sempre espresso sul tema una linea intelligente, che poi è quella di Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Aldo Moro. L’Italia deve essere un ponte tra Europa e Mosca. L’Osservatore Romano, poi, chiede da tempo che si comprenda che è un errore strategico considerare la crisi ucraina solo un problema economico e non geopolitico di rilevanza mondiale. In questo senso l’incontro con Papa Francesco può essere importantissimo.

Dal G7 di Elmau è giunto un segnale di compattezza nei confronti di nuove sanzioni.

Sì e si tratta di un segnale grave.

La crisi ucraina non lo è altrettanto?

Certo, ma per l’ennesima volta l’Europa e gli Stati Uniti dimostrano di cedere alle pressioni dei Paesi dell’ex area sovietica – Polonia su tutti – e di non comprendere bene cosa accade a Kiev. Non si tiene conto poi né del sentimento russo di accerchiamento dovuto all’eccessivo allargamento dei confini dell’Unione europea e della Nato, né del fatto che dopo la caduta del comunismo Mosca andava inclusa nei processi decisionali europei – di cui è parte – non isolata.

Non è stata anche l’aggressività di Putin a contribuire a isolare la Russia? Stefano Cingolani ha scritto su queste colonne che il Cremlino sta mettendo in campo tutte le proprie forze per dividere l’Europa.

Per certi versi sì, ma bisogna entrare nella mente e nel modo di agire di un popolo che si percepisce ancora come potenza. Come tale agisce, perché in parte ancora lo è. Ad esempio è impensabile che si stabilizzino il Nord Africa, i Balcani e il Medio Oriente senza il coinvolgimento di Mosca. Senza contare che la Russia rappresenta l’unica vera arma a disposizione dell’Occidente per evitare disastri nel Mar Cinese Meridionale.

Anche lui lancia messaggi contraddittori, come la voglia di aumentare la presenza militare russa nel Mediterraneo.

In effetti una delle priorità di Mosca è quella di avere una nuova base della sua Marina a Cipro. Ma ha spuntato ben poco finora. Il fatto è che Putin, essendo un militare di formazione, ha una anche una visione geostrategica oltre che politica. Non ricerca solo il mero consenso. Questo, però, può essere un bene, perché è disposto a entrare nel cuore delle problematiche e disinnescare i potenziali rischi che un prolungato isolamento russo può portare.

Quali rischi?

I più immediati sono senza dubbio la creazione di un asse stabile tra Cina e Russia, il divampare di nuove crisi nei Balcani – in Macedonia ad esempio – e l’entrata della Grecia nell’orbita di Mosca. Anche se quest’ultimo punto dipenderà soprattutto, per non dire solamente, dalle mosse di Bruxelles.

Nonostante ciò Putin dà l’impressione di abbaiare tanto perché in fondo è in difficoltà. L’economia è allo sbando ed è sempre più isolato a livello internazionale.

Vero, anche se internamente gode di un consenso altissimo, almeno nei ceti popolari. Se cadrà sarà solo per manovre di Palazzo. Ad abbandonarlo, infatti, è il suo inner circle, preoccupato di perdere i privilegi acquisiti in questi anni. Appare sempre più probabile che l’attentato di febbraio scorso all’oppositore Boris Nemtsov non avvenuto a causa di un suo ordine, ma di qualcuno della sua cerchia. Un modo per metterlo in difficoltà e lanciare un segnale.

Come uscire, allora, da questa crisi?

Putin è nell’angolo e non sa bene cosa fare per uscirvi, anche perché ho l’impressione che anche i ribelli filorussi nell’Est dell’Ucraina gli siano sfuggiti di mano. Credo che Usa ed Europa dovrebbero lanciare un messaggio di grande responsabilità chiedendo in primo luogo che Mosca rispetti gli accordi di Minsk, dai quali non si può prescindere. Ma al contempo rassicurare sulla volontà di non espandere ulteriormente l’Alleanza Atlantica. Serve, insomma, un nuovo Congresso di Vienna, quando si mise in gattabuia Napoleone, ma si salvò la Francia.



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