Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Ecco come i campi Rom diventano un affare Capitale

Un “business della solidarietà” che fa leva su emarginazione e disagio per acquisire profitti enormi in modo illegale.

La gestione illegale di campi nomadi e centri per i migranti

La realtà illuminata dalla “seconda tappa” dell’inchiesta “Mafia Capitale” non presenta soltanto “livelli di infiltrazione criminale incredibile nel mondo istituzionale di Roma.

Al di là dei risvolti politici locali e nazionali della vicenda, colpisce quello che a giudizio della Procura è il malaffare legato all’affidamento della gestione dei centri per l’accoglienza dei migranti e dei campi Rom nella Città Eterna.

L’iniziativa politica di Riccardo Magi

Fenomeno denunciato in tempi non sospetti dal consigliere comunale radicale Riccardo Magi sulla base di “grosse anomalie” riscontrate da tecnici del Tesoro nell’amministrazione finanziaria capitolina.

Anomalie concernenti l’attribuzione senza gara pubblica e non trasparente dei servizi di ospitalità dei profughi e richiedenti asilo, dei campi nomadi, dell’emergenza abitativa.

Non trovando risposte adeguate alle interrogazioni presentate nei confronti degli assessorati coinvolti, il rappresentate di Torre Argentina promosse nel giugno 2014 la pubblicazione di un dossier frutto del lavoro dell’Associazione 21 Luglio.

Un’emergenza da 24 milioni di euro

Il rapporto, intitolato “Campi nomadi SPA”, realizza un’indagine accurata riguardo le risorse spese dalla Giunta nel 2013 per la gestione delle persone di etnia Rom nei cosiddetti “villaggi della solidarietà” e nei centri di raccolta.

Per la tenuta degli 8 “villaggi della solidarietà” che accolgono 4.391 persone, il Comune ha impiegato l’anno scorso più di 16 milioni di euro di cui oltre 5 per il campo di Castel Romano. Per i 3 “centri di raccolta” esistenti nel territorio, la spesa ha raggiunto i 6 milioni.

Le 54 azioni di sgombero forzato dei circa 1.200 nomadi presenti in luoghi non autorizzati hanno richiesto infine circa 2 milioni di euro.

“Un fiume di risorse che non crea inclusione”

Emerge, scrivono gli estensori della relazione, un vero e proprio “sistema dei campi”. All’interno del quale operano 35 enti pubblici e privati, che impiegano oltre 400 persone e usufruiscono dei finanziamenti comunali per lo più attraverso affidamento diretto e non tramite bandi pubblici.

A beneficiarne – aggiungono – sono soprattutto le cooperative “Consorzio Casa della Solidarietà” e “Risorse per Roma”, per finanziamenti rispettivi di 4 milioni 242mila euro e 3 milioni 757mila euro. Per gli altri soggetti i fondi sono compresi tra 2 milioni e 100mila euro.

Ne scaturisce “un fiume incontrollato di risorse collettive pari ad almeno 24 milioni di euro, che confluisce nella gestione degli insediamenti senza favorire una strategia di miglioramento e inclusione sociale degli 8mila cittadini nomadi”.

“Scarsi interventi per la scolarizzazione dei ragazzi Rom”

Relegati, evidenziano i responsabili della ricerca, in uno stato di degrado al sotto degli standard essenziali di vivibilità: “Con il risultato di alimentare nell’opinione pubblica una percezione molto negativa nei loro confronti”.

È sufficiente pensare che la metà dei residenti nei campi sono bambini. Ma appena il 13,2 per cento dei fondi sono rivolti a interventi di educazione scolastica, mentre lo 0,4 è destinato alla loro integrazione nel tessuto civile.

Il business dei “centri di raccolta”

Panorama che peggiora analizzando le cifre di una seconda ricerca, intitolata “Centri di raccolta SPA” e pubblicata il 7 maggio 2015. Relativo alle risorse spese nel 2014 per la gestione dei 3 luoghi di raccolta e dei 4 centri di assistenza abitativa per 1.200 Rom, lo studio mette sotto la lente di ingrandimento un “business da 8 milioni di euro che reitera segregazione e violazione dei diritti umani”.

Le vittime – rimarcano gli autori del documento – sono “famiglie stipate in capannoni industriali, magazzini inutilizzati e ambienti inabitabili”. Mentre sulle loro spalle “scorrono flussi incontrollati e poco limpidi di denaro pubblico”.

Gestione in affidamento diretto

L’analisi delle caratteristiche delle principali strutture per l’accoglienza compiuta dai responsabili dell’indagine contribuisce a una comprensione della portata finanziaria del fenomeno.

Il Centro di Via Salaria, che ospita 385 persone, è costato nel 2014 più di 2 milioni di euro. È gestito dal Consorzio “Casa della Solidarietà” tramite un affidamento diretto.

Il “Best House Rom”, che include 359 individui, ha comportato spese per circa 2 milioni 800mila euro. Beneficiari di un attribuzione senza gara del servizio sono la “Cooperativa sociale Inopera” e “Opera Nomadi”.

Il Centro di Via Amarilli, in cui vivono 125 nomadi, ha richiesto risorse per 1 milione 394mila euro. La sua amministrazione è stata assegnata senza modalità concorrenziali al Consorzio Casa della Solidarietà e all’Atac.

“Polvere nascosta sotto il tappeto”

Una montagna di liquidità pari a 8 milioni di euro, ben il 30 per cento in più rispetto ai 6 milioni 202mila registrati nel 2013. Risorse che per oltre il 90 per cento hanno foraggiato il mantenimento dei centri. Il 4 per cento è stato destinato alla sicurezza degli impianti, mentre appena il 5,4 è stato convogliato verso la formazione scolastica di bambini e ragazzi.

È il segno – osservano i rappresentanti dell’Associazione 21 Luglio – di una filosofia fondata sullo “spazzare la polvere sotto il tappeto”, che muove un enorme flusso di denaro dal pubblico al privato senza promuovere percorsi virtuosi di integrazione lavorativa e abitativa delle persone nomadi.

“Rompere un patto scellerato”

Gli artefici del rapporto non esitano a parlare di “patto implicito e consolidato nel tempo, costruito sul trinomio assistenza-invisibilità-profitto”.

L’accordo coinvolgerebbe tre soggetti ben precisi. “L’amministrazione cittadina, che garantisce alle famiglie Rom un misero spazio abitativo con cibo e utenze gratuiti. Le famiglie nomadi, che in cambio di un alloggio da cui non verranno sgomberate rinunciano a ogni scomoda rivendicazione di dignità. L’ente gestore, lautamente pagato per assicurare l’osservanza dell’intesa intervenendo contro chi lo mette in discussione: giornalisti, attivisti dei diritti umani, gli stessi cittadini nomadi che aspirano ad affrancarsi dal ricatto morale e dalla condanna all’emarginazione”.

“Le alternative ragionevoli ai campi Rom”

Costi economici e sociali così elevati, rilevano i rappresentanti dell’Associazione 21 Luglio, impongono il superamento definitivo dei campi Rom e l’adozione di una strategia alternativa.

“Fondata sull’individuazione di edifici abbandonati presenti nel territorio comunale e su un’iniziative di riqualificazione abitativa a favore di famiglie italiane, di rifugiati, di immigrati e di nomadi”.

Un progetto inclusivo che a loro avviso favorirebbe risparmi rilevanti e porrebbe fine a una realtà di “segregazione inumana”.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter