Rieccola. Chi pensava e scriveva che le decisioni della Consulta sarebbero state condizionate dai costi conseguenti, deve ora ricredersi.
Prima, la sentenza 70/2015, sul blocco delle rivalutazioni pensionistiche. Adesso, la nuova decisione che dichiara incostituzionale il perdurare del blocco dei contratti pubblici. “Passi per il blocco 2010-2015, ma adesso i contratti pubblici vanno riaperti”, dice la Consulta.
Vedremo, poi, nel dettaglio come è articolata la nuova sentenza. Nei fatti, la Consulta ha giustificato – sulla base delle esigenze di bilancio dello Stato – il prolungato blocco contrattuale.
Ben 6 anni. C’e da chiedersi che fine abbiano fatto, questi “risparmi statali” imposti ai soli pubblici dipendenti e come siano stati spesi i denari negati, se per foraggiare le cooperative sociali ora inquisite e/o per azioni improduttive ed inutili.
Una cosa è certa, non sono stati di certo usati per tagliare il debito pubblico, in questi 6 lunghi anni. E non si è trattato di noccioline, ma di almeno 12 miliardi di euro che non sono arrivati nelle tasche dei 3 milioni di dipendenti pubblici. 12 miliardi gettati al vento o per aiutare la Grecia o per tamponare i buchi di Mps e Carige (solo 2 nomi a caso) o per continuare a mantenere i privilegi della casta.
A spese dei soliti noti: i dipendenti pubblici ed i pensionati Inps.
Queste due categorie di “non evasori” hanno “regalato” ( ma si è trattato di un esproprio) allo Stato, in questi anni, almeno 29 miliardi di euro. La Consulta, ora, ha detto stop!
E per Renzi, sono nuove grane che vanno ad aggiungersi ai problemi precedenti: riforma costituzionale, buona scuola, legge elettorale, esodati, immigrati vari, degrado urbano, crollo dei consensi, pulizia nel Pd, eticità nel Pd, Marino e dintorni.
A Renzi diciamo una sola cosa, di non pensare di bypassare le sentenze della Consulta in modo analogo a quanto scritto nel decreto legge 65/15. Ossia con mezzucci.
Noi, pensionati e lavoratori nella P.A. , non glielo consentiremmo.
Per ora, ci siamo limitati a punirlo con lo sciopero elettorale. Domani, no. Domani non ci limiteremo a scambi epistolari, ma gli manderemo i nostri padrini. Per un duello legale, in Italia ed in Europa, fino ad ottenere giustizia ed equità. Non faremo sconti, né a Renzi né a chi si mettesse di traverso, sulla strada che dovrebbe riportarci ad un’Italia rispettosa delle regole pensionistiche pattuite e dei contratti di lavoro, liberamente sottoscritti e da sottoscrivere in tempi fisiologici.
Ad una nuova educazione civica e ad una eguaglianza di tutti i cittadini, di fronte alla legge. Tutti, tutti.