Non è sfuggito il fatto che il resoconto sulla grande manifestazione (grande in termini numerici, di piazza piena, s’intende) del 20 giugno a Roma campeggiasse in prima pagina su tutti (o quasi) i quotidiani d’Italia, con titoli abbastanza evidenti (Repubblica caso emblematico). Lasciando stare La Croce, che fa capo a uno dei protagonisti dell’evento (il direttore Mario Adinolfi), è un altro l’aspetto curioso. Su uno dei quotidiani a tiratura nazionale, infatti, la notizia era quasi nascosta. Quel quotidiano è Avvenire, il giornale della conferenza episcopale italiana. Cioè dei vescovi.
Sull’edizione di domenica era la terza notizia, dopo la “Lotta all’azzardo” e la visita del Papa a Torino. La cosa strideva, considerata la grande enfasi che l’adunata – condivisibile o meno, non è questo il punto – aveva invece avuto su tutti gli altri media (dalla tv alla radio, dalla carta alla rete). Tante sono state le lettere giunte ad Avvenire, hanno fatto sapere i bene informati, di lettori indignati o più semplicemente stupiti dalla scelta editoriale (legittima e per nulla condizionata da input superiori) del direttore Mario Tarquinio. Qualcuno tra gli affezionati abbonati – pare – ha “minacciato” di non rinnovare più l’abbonamento per l’anno venturo.
Il direttore, nella rubrica delle lettere che cura a pagina 2, martedì scorso ha così scritto a proposito delle due piazze: “Mi piace questo racconto a due voci, entrambe torinesi, di uno stare in piazza da credenti e da cittadini. A Torino – tra una marea di giovani, per ascoltare Papa Francesco – e a Roma – tra un popolo civilmente riunito per affermare il bene della famiglia fondata sul matrimonio, la famiglia costituzionale, e per dire alto e chiaro (come altri in altra maniera) che alla colonizzazione ideologica del cosiddetto genere non ci si può rassegnare”.
Davanti alle critiche, Tarquinio sottolineava che “sul nostro supplemento mensile ‘Noi Genitori&Figli’ abbiamo affrontato e, praticamente da soli sulla piazza mediatica della carta stampata, posto quel tema all’attenzione di tanti: svelando colpi di mano, denunciando derive, contribuendo a formare coscienze avvertite e, anche, a fermare iniziative perniciose e purtroppo sempre riproposte”. Tutte cose che non hanno avuto grande eco, riconosce lo stesso direttore: “Purtroppo non tutti ascoltano, non moltissimi si impegnano e relativamente pochi leggono (anche se ogni tanto lo fanno)”.
Ma quel giorno, sabato, c’è stato un episodio in particolare che ha portato i media cattolici a intervenire, a partire dall’agenzia Sir (della Cei): l’attacco che il leader del Movimento neocatecumenale, Kiko Arguello, ha sferrato dal palco all’indirizzo del segretario generale della conferenza episcopale, mons. Nunzio Galantino, reo d’essere in contrasto con il Papa circa l’annosa questione del gender (condannata da Francesco e tutto sommato accettata dall’ex vescovo di Cassano allo Jonio, secondo il parere di Arguello). I canali ufficiali della Cei hanno biasimato le parole del numero uno del movimento, spiegando che tale “dissonanza” è falsa. Un lettore, però, ha preso carta e penna e ha scritto a Tarquinio (edizione del 26 giugno): “Avvenire ha negato questa contrapposizione. Devo dedurre che che la contrapposizione ci sia invece tra le associazioni cattoliche a favore della famiglia?”. Risposta del direttore: “Sono sorpreso dalla sua sorpresa. Chi ha letto Avvenire sapeva e sa, infatti, che la manifestazione ‘Difendiamo i nostri figli’ è stata ufficialmente promossa da persone riunite in un comitato e non da associazioni, movimenti e reti aggregative”.
Ma Tarquinio andava avanti e toccava il punto dolens: “Quanto ai pareri, alle affermazioni e alle contrapposizioni che a monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, sono state attribuite da abili disinformatori e, inopinatamente, dall’infelicissima polemica che un generoso uomo di fede come Kiko Arguello ha ritenuto di fare al microfono di piazza San Giovanni, l’unica buona regola è quella di ascoltare sempre e direttamente la voce reale delle persone a cui ci si rivolge (e tanto più lo si deve, in quanto cristiani, a un pastore). Non ci si può affidare ai ‘sembra’, ai ‘si dice’. E il pensiero espresso dal vescovo Galantino a proposito del 20 giugno a piazza San Giovanni non ‘sembra’, è”.
Resta il fatto che, paradossalmente, il quotidiano che meno enfasi ha dato alla manifestazione di piazza per la famiglia e contro l’ideologia del gender, è stato l’unico giornale dichiaramente cattolico e dipendente da un episcopato. Sono davvero lontani i tempi della battaglia (anche mediatica) della Cei ruiniana.