Su un totale di ventotto candidati presidente alle scorse regionali solo il 46% del totale ha utilizzato le tecniche di fundraising per chiedere fondi a sostegno delle proprie campagne elettorali. A svelarlo è una ricerca condotta da Competere.eu (www.competere.eu), Raise the Wind e dal Centro Studi sul Non Profit, i quali hanno cercato di capire chi abbia usato il fundraising per finanziare la propria campagna elettorale e come tale raccolta sia stata comunicata ai possibili finanziatori.
QUALCHE NUMERO DALLO STUDIO
I numeri dello studio, curato da Raffaele Picilli e Salvatore di Falco, parlano chiaro: appena il 46% di candidati ha utilizzato tecniche di fundraising. Solo il 39,3 % dei candidati alla presidenza ha chiesto ai cittadini di svolgere attività organizzate di volontariato a proprio favore e solo un candidato (sui ventotto presi in esame) ha rendicontato puntualmente sul proprio sito web, giorno per giorno, i fondi raccolti e le spese sostenute durante la campagna elettorale.
La raccolta dati dei donatori, fondamentale per la fidelizzazione, ha riguardato solo il 39% dei candidati, mentre il form sul sito web con la donazione suggerita è stato utilizzato appena dal 18% di essi.
Lo strumento di donazione più utilizzato è stato la carta di credito con il 36%, a seguire il bonifico bancario con il 25%, e poi, a pari merito, il bollettino di conto corrente postale e il crowdfunding: 7%. In Italia, l’uso del bollettino di conto corrente postale è uno dei sistemi di raccolta più utilizzato, in alcune occasioni supera l’80%.
IL RUOLO DEI SOCIAL NETWORK
Dato interessante per capire come cambiano le strategie di comunicazione è che i social network sono stati il canale più usato da tutti gli aspiranti presidenti di regione per comunicare con i propri elettori, effettivi e potenziali, durante l’intera campagna elettorale.
“Ci troviamo di fronte – dichiara il fellow di Competere.Eu e presidente del Centro Studi sul Non Profit Raffaele Picilli – ad un vero fallimento delle attività di fundraising dei candidati a presidente delle regioni. Appena il 46% di candidati ha utilizzato tecniche di fundraising. La maggior parte, peraltro, sbagliando messaggio: si è legata la richiesta di fondi alla mancanza di liquidità, come dire, non sono ricco di famiglia e quindi aiutatemi! Non esiste messaggio più errato”.
“E’ interessante notare che molti candidati si sono dotati di un sito web e hanno iniziato la raccolta fondi soltanto un mese prima dell’appuntamento elettorale – sostiene Picilli -. Tutto ciò denota approssimazione per un’attività strategica come il fundraising per la politica. E’ quasi impossibile avere risultati quando i tempi sono così stretti. Le attività di raccolta fondi dovrebbero partire almeno sei mesi prima della data delle elezioni. Rispetto al 2010 è risultato evidente che rispetto al fundraising e al people raising, in Italia c’è stato un certo avvicinamento al modello anglosassone, ma siamo ancora lontani”.
LE PAROLE DI PIETRO PAGANINI E ROBERTO RACE
“Nel 2017 – dichiarano il presidente di Competere.Eu Pietro Paganini e il Segretario generale Roberto Race – saranno definitivamente aboliti i finanziamenti pubblici ai partiti. Ad oggi, sono in pochi i partiti a prepararsi ai tagli e sono ancora meno quelli che hanno iniziano a “dialogare” con i cittadini per chiedere sostegno economico. I partiti non sono stati capaci di convincere i cittadini a donargli, nella scorsa dichiarazione dei redditi, nemmeno il 2 per 1000, che peraltro non ha nessun costo per il contribuente. Su 41 milioni di contribuenti, solo 16.000 hanno donato. Un fallimento totale. Questo dovrebbe far ripensare al rapporto tra politica e cittadini anche alla luce della grande astensione e del voto di protesta di queste regionali”.
“I dati che emergono da questa analisi sono purtroppo in linea con i rapporti che presentiamo ogni anno sullo stato del fundraising per la politica in Italia. I partiti ed i candidati devono comprendere che i fondi da raccogliere devono essere sempre legati ai programmi elettorali: la motivazione è quella. Si sostiene un candidato perché si condivide con lui un programma di lavoro, non per altro”.