Il mercato immobiliare non potrà riprendersi davvero fino a quando sul settore non verrà allentata la morsa fiscale che lo opprime da ormai quattro anni.
Fra pochi giorni i proprietari saranno chiamati a pagare due imposte, l’IMU e la TASI, che nel 2014 hanno comportato versamenti per ben 25 miliardi di euro, contro i 9 che pesava l’ICI fino al 2011. E con prospettive, per il 2015, di raggiungere i 26 miliardi.
Si tratta di un livello non più sopportabile, soprattutto se si considera che – a differenza di quanto accade all’estero, dove i tributi locali sono correlati ai servizi forniti agli abitanti e sono quindi dovuti, in caso di locazione, dagli inquilini – la fiscalità locale italiana è di natura puramente patrimoniale e si accanisce persino sui proprietari degli immobili locati, deprimendo il mercato dell’affitto sia delle abitazioni sia dei negozi e degli uffici.
Il governo, con la nuova local tax in preparazione, ha l’occasione per abbandonare la vecchia e superata strada di una finanza locale basata su imposte patrimoniali, per allinearsi ai Paesi più moderni, varando quella service tax più volte annunciata ma mai realizzata. Una tassazione locale equa e trasparente porta con sé amministrazioni comunali più efficienti e minori sprechi.
È questa la via da percorrere.