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Perché la tecnologia nucleare dell’Iran potrebbe espandersi

Iran, Rohani

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La Guida Suprema, il “Rahbar” sciita iraniano Ali Khamenei ha già chiarito, in un tweet del 20 Maggio scorso, che il suo Paese non accetterà “che degli stranieri compiano ispezioni di qualsiasi tipo sui nostri siti militari”.

Oggi, dopo l’accordo preliminare con il P5+1:

1) L’Iran ha dichiarato ufficialmente che non si trova uranio arricchito oltre il 5% in nessuno dei suoi siti noti;
2) Teheran non ha messo in correlazione le “cascate” di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, che operano sempre in continuità tra di loro per raggiungere quantità di isotopi di uranio sufficienti;
3) l’Iran ha diluito (e si parla qui di un testo governativo riferito al 20 gennaio 2015) 104,8 chili di uranio 235 precedentemente arricchito al 20%;
4) Non sono state compiute altre attività di elaborazione dell’uranio 235 nella struttura di Fordow. E certamente l’Iran non permetterà la reispezione della base nucleare di Parchin, già “controllata” dalla Iaea nel 2013 (le dichiarazioni dei governanti sciiti sono state esplicite, subito dopo l’accordo raggiunto con il P5+1);
5) l’Iran ha aperto alle ispezioni le miniere di uranio di Gchin e le aree di estrazione dell’uranio di Ardakahn, oltre alla miniera più grande, quella di Saghand.

Vi sono altre indicazioni tecniche che non riguardano, poi, il nucleo tecnico-politico del nostro discorso. La questione, però, dei siti nucleari specificamente militari è dirimente, poiché la Repubblica Islamica dell’Iran ha sempre costruito basi delle sue Forze armate e delle Guardie della Rivoluzione (che sono le sole responsabili delle armi missilistiche e della brigata di cyberwar) intorno ai suoi vecchi e nuovi siti nucleari.

Fordow, di cui abbiamo già parlato, è una struttura militare dai primi anni 2000. Delle 16 strutture che a vario titolo si occupano del nucleare iraniano, (Arak, Anarak, Ardakhan, Bonab, Bushehr, Chalus, Darkovin, Fordow, Isfahan, Karaj, Lashkar Abad, Lavizan, Lavizan-3, Natanz, Parchin, Saghand, Teheran, Yazd) alcune, le più importanti, sono già esplicitamente definite come militari a tutti gli effetti.
Ardakhan è un struttura di separazione dell’uranio dagli altri materiali, sotto il controllo formale dell’Autorità del Nucleare Iraniano, ed è un sito la cui esistenza è stata rivelata solo dalle organizzazioni controrivoluzionarie iraniane all’estero, nel 2004.
È vero, la Francia, la Iaea e gli Usa hanno dichiarato, nei giorni scorsi, che non prenderanno in considerazione le restrizioni alle attività di verifica della Agenzia viennese sui siti iraniani, ma quale è il concetto con il quale Teheran ritiene che un sito sia “militare” o meno?
Arak, intanto, è gestito direttamente dalle Guardie della Rvoluzione Sciita, i Pasdaran, e produce acqua pesante.
Bonab è una struttura che si occupa della applicazione della ricerca nucleare all’agricoltura, e certamente non è militare, ma potrebbe essere dual-use.

Tutto il nucleare è intrinsecamente dual-use. Bushehr non è ufficialmente militarizzato, ma è attivo in correlazione di un accordo bilaterale dell’Iran con la Federazione Russa in essere dal 13 Agosto 2010.
Potranno i Pasdaran esimersi da proteggere un sito nucleare che opera insieme ad uno stato estero? Non credo proprio.
Chalus, di cui parlavano alcuni dissidenti iraniani residenti all’estero, non sembra più attivo o, più verosimilmente, potrebbe essere stato spostato altrove, trattandosi di un piccolo sito nucleare nella montagna omonima.
Darkovin è un generatore di energia nucleare da 360 MW ma è sul fiume Karun, all’inizio del Golfo Persico a Nord. Non è forse una posizione di rilievo strategico primario?

Fordow è stato costruito proprio dentro una base della Guardia della Rivoluzione, a pochi chilometri da Qom, la città santa sciita e il luogo in cui sorse l’organizzazione e il progetto della rivoluzione con l’Imam, appunto, Khomeini.
Non era noto fino al 2009, è bene ricordarlo. Isfahan è un centro di ricerca che opera oggi con quattro piccoli reattori.
Nella struttura di Isfahan si produce anche lo zirconio e gli altri materiali metallici necessari per il funzionamento dei reattori, ovvero di tutti i reattori.

Quindi si tratta, e lo direbbe perfino un pacifico governo occidentale, di un sito “sensibile” per la Difesa Nazionale. Karaj si occupa di medicina nucleare e di applicazioni pacifiche di questa tecnologia, è nato nel 1991 (tardi, rispetto agli altri centri militari) e opera sotto il controllo della Agenzia Iraniana per il Nucleare.
Lashkar Abad fu indicato per la prima volta agli occidentali dal dissidente Alireza Jafarzadeh, come gran parte dei siti nucleari iraniani, che mai il governo di Teheran ha spontaneamente indicato alla Iaea.
In questo sito dovrebbero ancora funzionare attività di separazione degli isotopi dell’uranio via laser, anche se il governo iraniano dichiara di averlo reso inutilizzabile.
Lavizan è stato di fatto reso inattivo, come sito; e le tracce del luogo non mostrarono, ai tecnici dell’Agenzia viennese, nessun residuo di radiazione.

Ma gli analisti Usa hanno poi accusato le autorità iraniane di aver asportato una notevole quantità di terra di superficie, per rimetterne altra “nuova” e non radioattiva.
Lavizan-3 è invece un sito di cui abbiamo notizia solo da parte dei dissidenti all’estero, ed opererebbe nelle vicinanze di Teheran. Natanz era, anch’esso, un sito segreto fino a che non fu denunciato nell’Agosto 2002 dai soliti dissidenti all’estero e la realtà ha dimostrato che avevano ragione. Tutti i dati forniti dai dissidenti sono stati verificati in loco.

Vi sono oggi a Natanz, prima dei recentissimi accordi del P5+1 con Teheran, oltre 7mila centrifughe attive, di cui 5mila producono uranio a basso arricchimento. Parchin è invece una struttura dichiaratamente militare, a venti chilometri a sud est di Teheran.
È un sito che verifica l’efficienza delle armi utilizzate dalle Forze armate e dai Pasdaran; ma gli ispettori Iaea, fin dalla loro prima entrata nella struttura, il 1 novembre 2005, hanno trovato armi e proiettili correlabili ad un armamento nucleare. È probabile che Parchin sia un sito per le armi nucleari ad implosione, come peraltro ha esplicitamente sospettato la Iaea. Saghand è solo una miniera di uranio, messa in attività fin dal 2005.

A Teheran le strutture nucleari cittadine funzionano sotto il controllo dell’Autorità Nucleare Iraniana, ma, trattandosi della capitale, è inevitabile una attività “dual-use” con i militari e le guardie della Rivoluzione, che non possono non controllare i siti. Yazd, poi, è un piccolo centro di ricerca sulle radiazioni nucleari, che applica le sue scoperte alla verifica di nuovi giacimenti di vari minerali sul territorio iraniano.
Peraltro, gli stessi dirigenti sciiti hanno rivelato, a metà gennaio di quest’anno, che l’Iran sta costruendo basi missilistiche in Siria, e Teheran sta sostenendo il regime di Bashar al-Assad con una base nucleare a Kiba, vicino Aleppo. Era già attiva una struttura nucleare in Siria, con tecnologia iraniana, a Deir al Zor, nel territorio controllato da Damasco vicino ai confini con l’Iraq.

Teheran ha trattato una centrale elettrica in Yemen, con possibile combustibile nucleare, ed è probabile che la disseminazione delle tecnologie nucleari dual-use si espanderà dal territorio iraniano verso i Paesi sciiti amici di Teheran. Ovvero l’Iraq, l’area sciita del Libano, che è seguace del “partito di Ali” per il 36% della sua popolazione, o nello Yemen, con il sostegno attuale dell’Iran alla guerra degli Houthi, sciiti zayditi, contro il regime sunnita locale e, soprattutto, contro l’Arabia Saudita.
Qui non si tratta più di “distruggere i barconi”, ma di ripensare una nuova, completa, profonda strategia per la ricomposizione del Grande Medio Oriente e la sua pacificazione.



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