Gli editori italiani scoprono, forse a loro insaputa, il valore della (geo)politica nel loro settore. C’è una relazione fra la passione emotiva di Corriere della Sera e gruppo Berlusconi verso Putin e la loro ostilità verso Google? È solo fanta-editoria ma colpisce la fatalità di questi doppi amorosi sensi fra via Solferino e Segrate: entrambi appassionati agit-prop del Cremlino e al contempo fieri antagonisti del gruppo di Mountain View.
È sicuramente un caso che il nuovo uomo forte in Rcs sia l’ex capo di Mondadori ed attuale presidente della Fieg. Si tratta della stessa persona che in una intervista alla Stampa stigmatizzò il ruolo di Google compromettendo il lavoro delle diplomazie dei “vecchi” editori con il motore di ricerca americano (ora leader anche nella pubblicità).
Se – sempre parlando in termini fantasiosi – Bazoli, Tronchetti e Berlusconi si uniscono sotto le insegne di Mosca e contro la Silicon Valley, gli altri protagonisti dell’informazione italiana non ci stanno ad assecondare una linea culturalmente ed imprenditorialmente distante dai propri interessi.
Così, nei giorni scorsi il gruppo L’Espresso di De Benedetti ha siglato tramite la concessionaria Manzoni un’intesa con Google ed idem ha fatto ieri La7 di Cairo (prima ancora era stata la Rai di Gubitosi a ricucire lo strappo con YouTube).
A Torino invece La Stampa della FCA ha aderito alla Digital News Initiative lanciata proprio dal gigante del web. Si tratta di vicende ciascuna distinta dalle altre che però danno il segno che se da un lato esiste un fronte Fieg, capitanato da Rcs e Mondadori, ostile al cambiamento imposto dai Big Data, dall’altro ci sono singoli editori (non certo minori) che trattano in proprio, e con soddisfazione sembrerebbe.
Questi ultimi peraltro anche su Russia e Usa qualche idea diversa dai primi ce l’hanno. E che FCA e Cairo siano anche azionisti di Rcs è una singolare curiosità. Se non fosse fanta-editoria, sarebbe una storia bella da pubblicare. Online ovviamente.